Il Po è in secca, ma la siccità
colpisce buona parte d'Italia

Secondo quanto comunicato da Coldiretti il fiume Po è sceso di 7,40 metri rispetto al suo livello medio a causa della siccità e il grande caldo. Da Coldiretti e Confagricoltura arriva l'allarme per la dura siccità in buona parte del Paese, con ingenti conseguenze sul settore agricolo

La siccità che ha colpito buona parte del Paese si sta facendo sentire in maniera piuttosto pesante.
La Coldiretti, sulla base
di un monitoraggio alla stazione di rilevamento di Cremona, lancia l'allarme per la secca del fiume Po, il cui livello idrometrico è sceso di 7,40 metri rispetto a quello medio. Il dato è stato confermato telefonicamente dalla Coldiretti stessa che ci ha specificato che gli 8,5 metri di cui si legge in diverse fonti si riferisce al livello del fiume Adda.
La secca eccezionale sta paralizzando la navigazione commerciale e costringendo i diportisti a far rimanere le proprie barche ormeggiate, in quanto navigare sul Po comporta ad oggi il pericolo che le barche si scontrino tra loro o con i tronchi affioranti condotti dall'acqua.
La Coldiretti riferisce che se la situazione dovesse continuare, si rischia seriamente che le riserve idriche possano venire meno, con un'autonomia stimata di 15 giorni.

Questa situazione accomuna purtroppo anche i laghi di Como e Maggiore, entrambi al di sotto del livello medio del periodo, mentre quello di Garda è a malapena stabile.
Un allarme dunque che non tocca, stando alle dichiarazioni della Coldiretti, soltanto la realtà del grande fiume italiano, bensì buona parte delle riserve idriche d'Italia.
La mancanza di pioggia e il contemporaneo arrivo di Ulisse infatti stanno dando il colpo di grazia alle coltivazioni agricole che, colpite dal caldo e dalla siccità, impongono al settore perdite che hanno già superato il mezzo miliardo di euro. Interi raccolti sono andati persi dal Veneto fino alla provincia di Crotone e alla Sicilia passando per la Toscana dove nelle province di Grosseto e Livorno sono state attivate le procedure per lo stato di calamità.

"I danni causati dal caldo africano e dalla siccità nelle campagne sono molto gravi; in molte zone d'Italia abbiamo chiesto che venga dichiarato lo stato di calamità naturale ed abbiamo sollecitato che vengano aperte urgentemente le dighe per garantire acqua sufficiente per le irrigazioni di soccorso. I raccolti sono a rischio" sottolinea anche Confagricoltura.
Duramente colpiti sono stati - precisa invece Coldiretti - decine di migliaia di ettari coltivati di mais, pomodori, barbabietole e girasoli a macchia di leopardo lungo tutta la penisola dove in alcune zone non piove in modo adeguato da mesi.
Ai problemi già dati dalla siccità si aggiungono quelli dati dalle fulminee grandinate degli ultimi tempi, che hanno letteralmente massacrato interi raccolti. Piogge lampo, forti e accompagnate da grandinate non risolvono il problema siccità, in quanto l'acqua caduta con violenza non viene assorbita in maniera sufficiente dal terreno e la grandine distrugge le piante.


In Veneto, secondo i dati di Confagricoltura, soprattutto nelle provincie di Rovigo, Padova e Venezia, la gran parte dei raccolti di cereali risulta compromessa e si registrano problemi anche per l'ortofrutta e la viticoltura; nel Polesine, si contano perdite per 150 milioni di euro di cui 75 milioni solo per il mais. In numerose aree del Piemonte sono compromessi i raccolti cerealicoli ed i foraggi; in Puglia, in particolare nella Capitanata, tra le colture che stanno subendo i maggiori danni ci sono il pomodoro e la vite (per la quale è già stimato un calo del 20% del raccolto); in Toscana si teme anche per gli allevamenti, per la scarsità di foraggi e le carenze idriche. Secondo le stime di Confagricoltura, si può prevedere, in generale, che andranno persi un terzo dei raccolti di mais e la metà di quelli di soia. Inoltre ci sono perdite di qualità e quantità per la frutta estiva. A rischio anche la vendemmia.

A soffrire con le alte temperature sono anche - conclude la Coldiretti - gli animali negli allevamenti dove le mucche arrivano a produrre anche il 10 per cento di latte in meno nonostante gli accorgimenti adottati per garantire il refrigerio (doccette, ventilatori, ecc.).


"La siccità, anche al Nord, non è più un evento episodico ma una situazione strutturale che va fronteggiata - osserva infine l'Organizzazione degli imprenditori agricoli - con una politica di costruzione e di gestione di invasi adeguati per la razionalizzazione delle risorse idriche; servono politiche indirizzate alla ricerca ed all'innovazione per sostenere le aziende nelle scelte colturali e produttive e per individuare nuove varietà di piante a minore esigenza idrica, finanziamenti per favorire investimenti aziendali per un migliore uso delle acque".



Redazione/sm