(Fonte foto: Copernicus)

Cause e conseguenze delle ondate di calore in India e Pakistan

Ciò che è avvenuto in India e Pakistan è un evento eccezionale, ma in futuro potrebbe diventare una nuova normalità. Ne abbiamo parlato con Massimiliano Pasqui del Cnr

Qual è il limite della temperatura sopportabile da un essere umano? Quel limite negli ultimi due mesi è stato raggiunto in India e Pakistan, dove in alcune zone sono stati raggiunti i 49°C. Le conseguenze di queste ondate di calore non riguardano solo la sopravvivenza degli abitanti di una città a pochi giorni di temperature infernali: stiamo parlando di zone molto vaste, densamente popolate, che hanno vissuto il mese più caldo degli ultimi centoventi anni. Così come non sono state momentanee le cause di questi eventi estremi, non lo saranno nemmeno le conseguenze - e coinvolgeranno l’agricoltura, l’economia, le migrazioni. Ne abbiamo parlato con Massimiliano Pasqui, fisico del Cnr. 

Troppo caldo, troppo presto, troppo a lungo
“In India e Pakistan negli ultimi due mesi e mezzo si sono sovrapposti due meccanismi diversi, con un periodo caldo caratterizzato da ondate di calore particolarmente intense e vaste” - spiega Pasqui. “In particolare l’India ha vissuto il mese di marzo più caldo degli ultimi centoventi anni, cui è seguito un aprile quasi ugualmente eccezionale. Questa anomalia di temperatura è stata sostanzialmente legata a una situazione di circolazione in atmosfera prevalentemente anticiclonica, che ha generato alcune ondate di calore che in alcune zone soprattutto dell’India Nord Occidentale hanno portato a temperature veramente estreme, intorno ai 49 gradi. Alcuni commenti di studiosi indiani hanno parlato di temperature al limite della vivibilità: una situazione di stress talmente pesante che porta a pronunciata sofferenza fisica”. 

“Oltre a essere state particolarmente intense, queste ondate di calore si sono caratterizzate per ampiezza della regione interessata e per anticipo rispetto alla stagione calda: stiamo parlando di eventi che hanno coinvolto gran parte del territorio indiano, con ampie zone del Pakistan, in un periodo dell’anno durante il quale raramente si osservano fenomeni di questo tipo. Abbiamo quindi gran parte delle caratteristiche che vengono considerate impronte del cambiamento climatico che quella zona sta vivendo. Spesso, quando sentiamo parlare dei limiti di crescita della temperatura, facciamo riferimento ai limiti segnati dai famosi Accordi di Parigi: la temperatura media del pianeta nei prossimi anni va mantenuta entro +1,5 o +2 gradi. Ecco, per capire quanto è stato significativo, in questo periodo in quelle regioni abbiamo avuto delle temperature che su scala mensile hanno avuto quasi 1,7 gradi in più rispetto alla media del periodo”. Oltretutto una delle conseguenze di questi sconvolgimenti riguarda le migrazioni climatiche. “Da quanto la popolazione umana esiste su questo pianeta, uno dei meccanismi di adattamento all’ambiente è stato rappresentato dalla migrazione” - ricorda Pasqui - “e in questa fase particolare il cambiamento climatico agisce sull’instabilità delle risorse, mettendo a dura prova i comparti agricoli”.  Per non parlare degli effetti diretti sulla salute umana. “Tutto questo, insieme ad altri fattori socioeconomici, costituisce una serie di forzanti che rendono la popolazione più vulnerabile e la spingono a muoversi in altre zone. Sotto questo punto di vista le ondate di calore, associate quasi sempre a periodi di prolungata scarsità di precipitazioni, sono tra gli elementi naturali della variabilità climatica che incidono di più sugli aspetti fondamentali che rendono un’area più o meno abitabile”.

Abbiamo fatto esperienza di ciò che accadrà al mondo?
Questa ondata di calore può diventare una tendenza di quelle zone o rimarrà un picco? “In questo caso quello che abbiamo osservato rispetto alle settimane passate è un picco, un evento con delle caratteristiche estreme” - risponde Pasqui. “Ma l’anomalia che quei luoghi hanno vissuto potrebbe diventare più frequente e più estesa, quindi in qualche maniera potrebbe anche diventare una nuova normalità. Tutto ciò potrebbe essere stato un contatto con una realtà climatica che potrebbe diventare più frequente nei prossimi decenni, come un'esperienza diretta di ciò di cui ancora non abbiamo una percezione tangibile. Questi eventi potrebbero diventare più ricorrenti in un futuro che si avvicina sempre di più”.

Questo tipo di ondata di calore è paragonabile ad altre ondate di calore che si sono verificate nel Mediterraneo? “Principalmente le ondate di calore possono essere classificate in due grandi gruppi” - afferma Pasqui. “Al primo gruppo appartiene quello che hanno vissuto in India e Pakistan, dove, oltre all’arrivo di aria calda, la persistenza e l’aumento della temperatura sono legate alla circolazione atmosferica e all’instaurarsi di una circolazione anticiclonica che blocca le masse d’aria e le fa riscaldare per effetto dell’irraggiamento solare - mantenendo la massa d’aria su quella regione con un meccanismo di rinforzo locale. In altre parole, via via che il sole riscalda quella massa d’aria, l’aumento di temperatura diventa sempre più evidente, con conseguenze sulla qualità dell’aria e anche sugli incendi - che spesso sono connessi. Questo meccanismo, quando si verifica nelle nostre zone, avviene prevalentemente al di sopra delle Alpi, quindi, nell’Europa Centrale. Parlando invece del bacino del Mediterraneo, al di sotto delle Alpi, quindi in Spagna, Italia, Grecia o Medio Oriente, esiste un altro tipo meccanismo che è molto più efficiente nel generare e mantenere le ondate di calore, che è quello della cosiddetta avvezione calda. Con l’avvezione calda, masse d’aria molto calde provenienti dal Nord Africa vengono mosse, sempre dall’effetto di una circolazione anticiclonica, in direzione del bacino del Mediterraneo e dell’Europa in generale. Eventi simili sono avvenuti durante le annate del 2010 nel Centro Europa Orientale, o nei periodi estivi molto caldi come quello del 2003, ma in generale le estati degli ultimi venti anni sono caratterizzate da questo meccanismo. E nel Mediterraneo in particolare questo meccanismo dell’arrivo di masse calde dal Nord Africa è più efficiente nel generare e mantenere una situazione di ondata di calore”. Tuttavia questa tipologia di massa d’aria non ha caratteristiche così estreme. “Da noi in estate, a fine luglio o a inizio agosto, in situazioni analoghe possiamo avere temperature che superano i 40 gradi localmente come calore di picco. In India abbiamo avuto 49 gradi, su un’area straordinariamente estesa, in un periodo dell’anno inconsueto”.

L’ultima domanda, in questi casi, è sempre la stessa, quella domanda per la quale speri che la risposta sia diversa dal solito, anche se poi diversa non è: cosa possiamo fare per contrastare queste tendenze, sia localmente che globalmente? Pasqui risponde nettamente: “Dobbiamo fare qualcosa”. Calca sull’imperativo: “Dobbiamo agire per contrastare queste tendenze”. Poi, nel merito delle azioni che possiamo compiere, è chiaro che la risposta potrebbe svilupparsi su due scale di tempo: “Nell’immediatezza l’unica cosa che si può fare è ragionare in termini di adattamento all’impatto. Dato che non possiamo modificare la situazione meteo-climatica ma adattare la nostra realtà, dobbiamo mettere in sicurezza chi è più fragile, mettendo a disposizione una serie di elementi che riducano l’impatto negativo di questi eventi estremi. Ma allo stesso tempo, sul lungo periodo, sappiamo di dover agire in maniera molto forte sulla causa di questo effetto che è il cambiamento climatico. Dobbiamo passare all’utilizzo di combustibili che non siano di origine fossile, ben sapendo che le azioni che dobbiamo fare adesso nell’ambito della mitigazione avranno dei risultati solo fra parecchio tempo. Tutto ciò che faremo va fatto in maniera profonda e convinta” - conclude. 

Giovanni Peparello