foto: ©Ducati Motor Holding S.p.A.

Coronavirus, Ducati: "Così tuteliamo i nostri dipendenti"

Una task force interna per far fronte all'emergenza Covid19: Ducati Motor definisce i propri protocolli di sicurezza "con approccio scientifico e razionale, quasi replicando i metodi che utilizziamo per realizzare le nostre moto"

Nessuno aveva una precisa idea di cosa sarebbe successo e di come si sarebbe evoluta la situazione. Ciononostante già dal 24 febbraio, Ducati Motor Holding S.p.A. casa motociclistica italiana che non ha bisogno di presentazioni, ha adottato misure e accorgimenti a tutela dei propri dipendenti e collaboratori. Quando ancora non era stata stabilita per decreto alcuna chiusura per gli stabilimenti produttivi, Ducati si è mossa in anticipo e dal 13 marzo ha sospeso la produzione, sia per implementare interventi sulle linee, sia per innalzare il livello di sicurezza dei suoi lavoratori (1400 nello stabilimento bolognese) e introdurre programmi di lavoro su più turni dimezzando così il numero di persone contemporaneamente presenti in linea di montaggio. Sin dalle prima battute dell’emergenza, Ducati ha adottato lo smart working, ha limitato i viaggi allo stretto indispensabile (che in seguito ha sospeso del tutto) e si è organizzata per tenere tutte le riunioni a distanza. Per definire strategie e misure da adottare, azienda e sindacato hanno agito in sinergia, in modo da trovare soluzioni condivise che garantissero al meglio la salute di lavoratori e collaboratori.
Mario Morgese, responsabile risorse umane Ducati Motor e Bruna Rossetti rappresentate RSU Ducati Motor ci illustrano il percorso.

foto: ©Ducati Motor Holding S.p.A. Com’è la situazione oggi, sulla scorta di quanto previsto dai più recenti decreti?
Morgese:
«Dallo scorso 13 Marzo abbiamo deciso di fermare l’Azienda fino al 25 Marzo a seguito dell’uscita del DCPM dell’11 Marzo. L’obiettivo era fare un ulteriore salto di qualità nell’adozione di più stringenti misure volte a ridurre quanto più possibile i rischi di contagio per i nostri colleghi: oltre alla sanificazione di tutte le aree aziendali, abbiamo utilizzato il fermo aziendale per organizzare le attività di assemblaggio su due turni. Questa non è assolutamente una riorganizzazione semplice anche perché non solo coinvolge l’intera catena di distribuzione ma anche i flussi produttivi e logistici delle attività in outsourcing. La riprogettazione degli orari di lavori, volta a ridurre al minimo le presenze nello stabilimento pur senza compromettere la produttività, ha coinvolto non solo gli operai della produzione (circa 450 persone) ma anche i colleghi delle aree tecniche di sperimentazione e calibrazione (circa 50 persone)».


Ducati ha deciso di muoversi in anticipo con le misure di salvaguardia della propria forza lavoro. Quali considerazioni hanno portato a questa decisione?
Morgese: «Chi ha la possibilità di conoscere Ducati da dentro ha chiaro come l’azienda, il sindacato e gli Rls approcciano i temi della sicurezza sul lavoro e che, aver “cura della salute dei propri dipendenti” non è per niente una frase fatta. Essere parte di un Gruppo con capillare presenza internazionale ci ha permesso di prendere coscienza della devastante portata di questo virus, che ha già cambiato la nostra vita ancor prima di essere arrivato nel nostro Paese. Abbiamo studiato le misure che gli stabilimenti del Gruppo in Cina avevano preso per combattere il contagio e non abbiamo perso un attimo ad utilizzare questo modello, come il riferimento a cui tendere. La miscela di questi due aspetti si è fusa nella task force creata per implementare tutte queste misure, nel modo più condiviso possibile con la parte sindacale, che ne ha fatto parte sin dalla costituzione. Da febbraio lavoriamo tutti i giorni, weekend compresi con il solo semplice obiettivo di abbattere i rischi in ogni momento della vita aziendale, comunicando ai colleghi le attività svolte e sensibilizzandoli a seguire tutte le norme igienico/ sanitarie affinché, anche fuori dall’azienda e nei propri nuclei familiari, trasmettessero l’assoluta necessità di vivere la situazione come una seria minaccia alla propria ed altrui salute».

In che misura questa decisione è attribuibile a sollecitazioni dei dipendenti e in quale a una visione più lungimirante?
Rossetti: «Era chiaro fin da quando è iniziata l’emergenza in China che la situazione non sarebbe stata semplice e fin da quel momento abbiamo lavorato assieme all’Azienda per trovare tutte le soluzioni migliori per tutelare la salute dei lavoratori e delle lavoratrici anche di fatto anticipando decisioni prese successivamente a livello Nazionale. Solo quando la situazione si è fatta più critica abbiamo portato al tavolo la forte preoccupazione dei lavoratori».

Nel concreto, quali misure avete adottato per garantire la sicurezza dei vostri collaboratori e le distanze di sicurezza fra operatori, soprattutto nei locali comuni normalmente più affollati (penso ad esempio alle mense, ai bagni, alle catene di montaggio, agli uffici ecc.)?
Morgese - Rossetti:  «Solo per descrivere la miriade di misure adottate abbiamo creato un vademecum, che continuiamo ad alimentare... Partendo dal tam tam mediatico circa la necessità di distanziamento, siamo stati tra le prime aziende, sin dal mese di gennaio 2020 ad implementare il sistema della misurazione della temperatura all’atto dell’ingresso, nel pieno rispetto privacy.
Inoltre da subito abbiamo:
- ridefinito il layout della mensa per garantire la seduta sfalsata, ampliando i turni mensa, ma riducendone la permanenza allo stretto necessario,
- fermato ogni forma di trasferta,
- potenziato lo smart working, toccando punte di 700 persone/giorno che lavorano da casa,
- svuotato quanto più possibile lo stabilimento per permettere di ridurre al minimo la pressione nelle parti comuni,
- distribuito amuchina e sistemato dispenser nelle principali parti comuni e soprattutto all’accesso in azienda,
- eliminato le forme di meeting, utilizzando le piattaforme digitali allo scopo,
- chiuso immediatamente l'Azienda agli ingressi di visitatori esterni,
- consentito da subito quarantene, anche a carico aziendale, di persone che provenivano dalle zone rosse o avevano avuto contatti con persone legate a quelle zone,
- vietato assembramenti in qualunque area aziendale o parti comuni, oltre che i saluti con strette di mano,
- chiuso il bar aziendale e avviato pratiche di sanificazione continua di tutte le maniglie delle porte, superfici e corrimano.
Queste sopra sono solo alcune delle misure adottate sin da subito, anche perché la mente va allo sforzo straordinario che i colleghi delle aree di produzione hanno fatto per mappare le singole fasi di produzione non solo dal punto di vista delle distanza ma anche della rete di relazioni possibili tra un area e l’altra ed un dipendente e l’altro. In questo modo è stato possibile definire livelli di rischio per area e quindi, applicare i Dpi più appropriati all’abbattimento del rischio».

foto: ©Ducati Motor Holding S.p.A.
La mensa aziendale  Ducati Motor - foto: ©Ducati Motor Holding S.p.A.

Sulla base di quali criteri avete elaborato questi vostri protocolli di sicurezza?
Morgese: «Il modello a cui la task force si è ispirata è quello adottato nelle aziende cinesi della VW. Abbiamo però creato un piano di emergenza che partisse dalle misure prese dalle Regioni e dal Governo. Non ci siamo avvalsi di consulenti esterni anche perché nessuno può vantare un esperienza simile. Ci siamo affidati a noi stessi, approcciando il tema nel modo più scientifico e razionale possibile, quasi replicando i metodi che utilizziamo per sviluppare e realizzare le nostre moto. Il medico competente fa parte della task force per cui è ormai una delle competenze straordinarie assemblate in questa task force».

Come e in che tempi queste misure sono state elaborate e condivise con i lavoratori? Reazioni, apprezzamenti, critiche?
Rossetti: «Abbiamo sempre agito in maniera tempestiva incontrandoci anche di domenica, se necessario, e ogni decisione presa veniva immediatamente condivisa con i lavoratori e le lavoratrici che hanno sicuramente apprezzato l’impegno e l’attenzione anche se comunque la preoccupazione era tanta soprattutto sulle linee di montaggio dove il livello di rischio era più alto».

Che tipo di sensibilità e collaborazione state riscontrando nella forza lavoro?
Rossetti: «I colleghi hanno compreso l’importanza di certe misure, grazie anche alla costante comunicazione. Hanno dovuto sopportare disagi e piccoli errori nel percorso, con pazienza, dimostrando maturità e collaborazione».

Smart working / telelavoro: una misura sostanzialmente nuova o che avevate già sperimentato? Come vi siete organizzati? 
Morgese: «Ducati, grazie al grande lavoro fatto da azienda e sindacato nelle sedi di trattativa di rinnovo del contratto aziendale, ha adottato lo Smart Working sin dal 2018 con 5 giornate al mese. Grazie all’esperienza maturata, questo strumento si è rivelato una delle principali carte vincenti per ridurre il rischio di contagio ma soprattutto per fornire uno strumento per gestire il disastro organizzativo familiare dovuto alla chiusura delle scuole».
foto: ©Ducati Motor Holding S.p.A.
foto: ©Ducati Motor Holding S.p.A.  (foto repertorio)

Dal vostro punto di osservazione, quale impatto emotivo riscontate in questa situazione?
Rossetti: «Sicuramente la voglia di ritornare alla normalità ed al lavoro è tanta, ma almeno pari alla paura che le persone hanno. La prossima sfida che attende la task force è proprio questa, aiutare tutti a comprendere che in azienda è assolutamente difficile contrarre il virus ma che bisogna modificare, ancora per un lungo periodo, le nostre abitudini perché il rischio di contrarre il virus sarà parte della nostra vita e non dobbiamo rinunciare a vivere, perché a quel punto non sarà Covid ad averci annullato ma la nostra paura».

Con quali occhi oggi Ducati guarda al futuro?
Morgese: «Stiamo lavorando con talmente tanta passione e voglia di uscire dal tunnel che non possiamo non vedere la luce in fondo. Il DNA di Ducati non è un DNA comune,  è il DNA di un’ azienda distrutta e risorta dalle ceneri della seconda guerra mondiale. Abbiamo la forza, la competenza e l’entusiasmo per vincere questa battaglia, ma non dobbiamo essere i soli a volerlo, perché dopo l’emergenza sanitaria si parlerà di emergenza economica. Dobbiamo reagire in modo “unito e coeso” come Azienda, come Territorio, come Nazione, ma soprattutto come Unione Europea non solo per noi stessi ma anche per le prossime generazioni. Da questa crisi, come dopo le guerre, o si esce tutti insieme o si rischia la stabilità della nostra economia».

patrizia calzolari