Decreto Cura Italia, diversi ordini professionali protestano per le misure

Nel decreto viene consentito ai liberi professionisti che oggi versano i contributi alle casse previdenziali professionali di provare ad accedere al reddito di ultima istanza per il quale sono stati stanziati 300 milioni di euro, in concorrenza però con tutti gli altri lavoratori dipendenti e autonomi

Le misure contenute nel decreto Cura Italia non soddisfano gli ordini professionali. Non è ritenuta sufficiente la misura che prevede che i liberi professionisti che oggi versano i contributi alle casse previdenziali professionali, diverse dall’Inps, anche separate, come i giornalisti (Inpgi), gli avvocati (cassa forense), i commercialisti e così via, possano ricevere solo un'"eventuale quota" dal fondo da 300 milioni di euro messo a disposizione per il mese di marzo per assicurare un “reddito di ultima istanza” a lavoratori dipendenti e autonomi (vedi art. 44 decreto). 

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili parla di "una significativa emarginazione delle centinaia di migliaia di liberi professionisti iscritti agli ordini professionali con proprie casse previdenziali, poiché per questi ultimi viene consentito soltanto di provare ad accedere, in concorrenza però con tutti gli altri lavoratori dipendenti e autonomi, al reddito di ultima istanza per il quale il decreto stanzia 300 milioni appena degli oltre 10 miliardi dedicati a questo comparto di misure".

In una nota la presidente facente funzioni del Consiglio nazionale forense, Maria Masi, sottolinea "la grave mancanza di cura e sensibilità per la tutela dei professionisti e in particolare per gli avvocati, a cui non è diretta, se non in maniera esigua, derivativa e residuale, alcuna forma di sostegno economico e di tutela in una situazione destinata a durare ben oltre l'emergenza sanitaria, le cui ripercussioni negative sulla professione e, di conseguenza, sul reddito degli avvocati, sono destinate a durare a lungo”.

“Il Cnf avrà cura, raccolte le istanze dell'avvocatura, - conclude quindi Maria Masi - di formalizzare una proposta emendativa finalizzata a intervenire nei settori che ancora necessitano di correttivi e all'individuazione di forme dirette di sostegno e di tutela compatibili con la professione di avvocato e in linea con i principi a cui si ispira”.

Giudizio negativo anche dagli architetti. Donatella Maiolatesi, presidente dell'Ordine degli Architetti di Ancona, ad esempio, commenta: "Abbiamo atteso a lungo di leggere il testo del decreto Cura Italia, che prevede misure economiche in sostegno di imprese e lavoratori. Abbiamo scelto, con senso di responsabilità, di non commentare né voci né bozze, ma di attenerci solo ed esclusivamente ai fatti. Purtroppo, oggi i fatti dicono che tra le tante misure per aziende, lavoratori dipendenti e autonomi il governo ha voluto dare un 'premio di consolazione' ai professionisti iscritti agli Ordini professionali, che sono iscritti a enti di previdenza obbligatoria di diritto privato. Tra questi, appunto, ci sono molti architetti".

"Pur comprendendo che le risorse non sono infinite, troviamo inspiegabile il fatto che le professioni ordinistiche siano rimaste ai margini di questa manovra. Non è tollerabile che il governo faccia 'figli e figliastri' in quella che è una sola grande categoria, troppo spesso dimenticata: quella dei lavoratori autonomi. Non pensiamo sia necessario ricordare l’importanza del lavoro svolto dai nostri iscritti, in questa sede desideriamo solo ricordare al governo che proprio gli architetti, insieme ad altre professioni tecniche, è in prima linea da anni nella 'trincea' della ricostruzione del centro Italia dopo i terremoti del 2016". Ancora Maiolatesi: "Non rimarremo con il cappello in mano, nella speranza che questa 'eventuale quota' sia il meno esigua possibile. Chiediamo con forza, invece, un cambio di mentalità nei confronti dei liberi professionisti di questo Paese: in sede di conversione in legge, il Parlamento avrà la responsabilità di correggere la incomprensibile stortura contenuta nell’articolo 44".

Unica voce fuori dal coro quella della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana). Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione, sottolinea: "Le risorse per sostenere i giornalisti lavoratori autonomi e le partite Iva non sono immediatamente disponibili, ma dovranno essere inserite in un decreto del ministero del Lavoro che sarà adottato nei prossimi trenta giorni. Come preannunciato dal governo alla Fnsi nelle numerose interlocuzioni dei giorni scorsi, i giornalisti sono stati assimilati a tutte le altre categorie di professionisti che fanno riferimento alle Casse previdenziali private. È quindi plausibile che le misure saranno individuate di concerto con le singole Casse, Inpgi compreso, in tempi auspicabilmente brevi".

red/mn

(fonte: CNDCEC, Ordine degli Architetti di Ancona, Cnf, Fnsi)