Fonte sito Fondazione Cima

Fondazione Cima: "peggiora la situazione della neve in Italia"

Dal report mensile si evince che c'è stato un calo dello Snow Water Equivalent a livello nazionale del -64%. A gennaio il dato segnava -39%

Sempre meno neve sui monti italiani. A confermare questa affermazione c'è il report mensile di Fondazione Cima che monitora il dato dello Snow Water Equivalent (SWE) o anche Equivalente Idrico Nivale, ovvero il valore che descrive quanta acqua è contenuta nella neve. Un numero che dà un'indicazione sulla riserva idrica su cui potremo far affidamento nella prossima primavera e in estate. Oggi purtroppo, come detto, il valore riportato da Fondazione Cima segnala un peggioramento rispetto agli aggiornamenti di dicembre 2023 e di gennaio 2024.

Deficit e motivazioni
Dal deficit del -39% di un mese fa, oggi infatti lo SWE è passato a segnare un pesante calo al -64%. “Questa condizione va fatta risalire al tempo mite e secco, soprattutto nella seconda metà di gennaio, che ha aggravato un deficit preesistente: secondo le nostre stime, hanno portato a una fusione anticipata dell’ordine di 1 miliardo di metri cubi di acqua in neve nella seconda metà di gennaio. Purtroppo, la scarsità di neve ha caratterizzato i nostri monti per tutti gli ultimi tre anni”, spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione Cima.

Gli Appennini
Scorrendo il report della Fondazione si scopre che la situazione peggiore è quella degli Appennini. Qui la stagione della neve, afferma in una nota l'ente: “non è pervenuta”. L'esempio più eclatante di questo calo dello SWE è quello del bacino del Tevere, che registra un deficit del 93%, “con condizioni stazionare da novembre, quando vi è stata l’ultima nevicata significativa”. Ma anche l'Appennino centrale abruzzese non se la passa meglio con un deficit dell'Equivalente Idrico Nivale del -85% in forte calo rispetto a gennaio. “Le cose non vanno meglio fuori dall’Appennino centrale. Il fiume Simeto, il principale della Sicilia orientale, registra un deficit del -61%, perché dopo le prime nevicate di gennaio il rialzo delle temperature ha portato a una fusione precoce della neve”, spiega Avanzi. “La neve di quest’area è solo una piccola parte di quella del territorio nazionale, ma è indice di una siccità generalizzata per la Sicilia”.

Le Alpi e il Po
Se si guarda alle Alpi, il calo complessivo è pari al -53% un dato in linea con quello dell'anno scorso in questo stesso periodo. Qui preoccupa come sempre il bacino del Po che segna un deficit di SWE del -63% rispetto agli ultimi 12 anni. Insomma, le scarse nevicate degli ultimi mesi non sono state minimamente sufficienti a risollevare il deficit – e questo non dovrebbe stupire, perché l’accumulo di neve va visto come una maratona, che deve andare avanti nel tempo, e, come afferma Avanzi, “Una nevicata non fa inverno”.“Statisticamente, il periodo di fusione inizia a marzo. Proprio di recente, ricercatori e ricercatrici di Fondazione Cima hanno pubblicato due articoli interdisciplinari, l’uno con un punto di vista giuridico e l’altro scientifico, nei quali si metteva in evidenza come una delle cause principali della siccità del 2022 fosse la mancata fusione nivale in primavera e a inizio estate”, conclude Avanzi. “Monitorare la situazione è quindi fondamentale per sapere su quali risorse potremo contare quest’anno”.

Red/cb

(Fonte: Fondazione Cima)