(Fonte: Anbi)

Il clima del bacino del Po sta cambiando, nonostante le ultime piogge

La siccità durata cento giorni, appena allievata dalle ultime piogge, non è stato un episodio. E quasi sicuramente diventerà la normalità. Ne abbiamo parlato con Alice Baronetti e Francesco Vincenzi

Nella valle del Po, una delle aree più fertili del bacino mediterraneo, non ha piovuto negli ultimi cento regioni. E dopo questi cento giorni di siccità, finalmente è arrivata la pioggia: ma non è arrivata ovunque - e non ne è arrivata molta. Quali sono le conseguenze di questa situazione sul territorio, sugli invasi, ma anche sull’agricoltura? Possiamo sperare in un aprile piovoso che risolva almeno in parte questa crisi? Ne abbiamo parlato con Alice Baronetti, dell'Istituto di Geoscienze e Georisorse del Cnr per quanto riguarda la parte climatica; abbiamo poi chiesto a Francesco Vincenzi, presidente Anbi, di illustrare la situazione degli invasi. 

Una tendenza degli ultimi anni
Come spiega Alice Baronetti, la siccità di quest’anno non è un caso né un episodio isolato. “I primi importanti episodi di siccità nel Nord Italia partono dal 1983, poi nei primi anni 2000 c’è stato un netto incremento. L’evento del 2003 per esempio è famoso perché legato a un grande aumento di temperature nel periodo estivo. Un altro evento legato alle temperature è stato quello del 2015. Poi nel 2017 c’è stato un altro estivo che non fu legato all’ondata di calore ma a un deficit idrico, molto simile a quello attuale; passò in sordina rispetto a quello di adesso perché avvenne d’estate, quindi venne associato alle temperature elevate. Quello del 2017 è stato un evento estremamente vasto: quasi tutte le regioni italiane furono colpite e andarono in emergenza, costrette a limitare l’uso dell’acqua. Da questo quadro possiamo vedere come dal 2000 sia avvenuto un forte incremento delle temperature, con leggera tendenza alla riduzione delle precipitazioni - ed è una leggera tendenza perché il Nord Italia ha mostrato una grande variabilità negli anni. Sicuramente c’è un progressivo incremento della durata dei periodi di siccità, accompagnati da un aumento degli eventi estremi di precipitazioni”.

Un futuro con periodi di siccità sempre più lunghi
Ad aumentare, in futuro, non sarà il numero di eventi siccitosi, ma la durata dei periodi di siccità. “E il problema, in questo caso, è che l'aumento della durata sarà del 25% mentre le aree interessate aumenteranno del 15%. E in un futuro più lontano la durata può arrivare anche raddoppiare. Le stime sono date dalle simulazioni Cordex, con diversi Rcp. Le aree interessate saranno quelle legate al settore alpino, perché nelle Alpi il riscaldamento è quasi il doppio rispetto alla pianura. Naturalmente questo si ripercuoterà sulla disponibilità idrica dei ghiacciai, con una perdita dei ghiacciai stimata dell’80% per i ghiacciai che può arrivare al 90% nel caso in cui non dovessero essere adottate strategie di mitigazione”.

Gli effetti sull’agricoltura e sulle riserve idriche
Francesco Vincenzi, presidente Anbi, è molto preoccupato per questa situazione. Certo, in questi mesi la mancanza di pioggia non ha inciso nell’agricoltura perché non si irriga, ma ha inciso sulle riserve. Basti pensare ai cento e più giorni senza manto nevoso. “Manca più dell’80% delle risorse idriche che abbiamo normalmente a disposizione nel nostro Paese”, spiega. “C’è poi da affrontare il tema ampio delle falde: si sono abbassate sia quelle profonde che superficiali, creando parecchie difficoltà e parecchi danni, ritardando le semine dei cereali primaverili. Ciò che possiamo fare ora è raccogliere dati, per cercare di capire quali saranno le condizioni per lavorare nell’immediato e per affrontare il futuro con un pochino più di programmazione”.

La pioggia degli ultimi giorni non servirà quasi a niente
“La pioggia in questi giorni è caduta a macchia di leopardo. Sì, ha alleviato il dolore, ma non sarà risolutiva - tanto che questi giorni stiamo già parlando di emergenza, perché quest’acqua, che permetterà le semine, che permetterà alle piante di mettersi in movimento, di ripartire, oggi non esiste già più, è finita. Anche nei fiumi non ha avuto effetto positivo: siamo ancora al di sotto della media”, spiega Vincenzi. Ugualmente pessimista è Alice Baronetti dell’Igg, che sottolinea come nel report di martedì venga segnalato come “Il quantitativo di precipitazione invernale che è piovuto in questo periodo è circa un terzo della media stagionale. Quindi in teoria dovrebbe piovere ancora i due terzi restanti. Ma il problema non è quanta pioggia tornerà nei prossimi mesi, che non si sa se basterà a rimpolpare le falde acquifere, il problema è che non si hanno più degli episodi di precipitazione medi, ma che c’è la tendenza a precipitazioni con grandi quantitativi di pioggia in breve tempo”. E questo tipo di eventi non è utile, anzi, è molto pericoloso.

In che modo programmare il futuro
Con questo scenario cosa potete programmare? Cosa si può fare? Secondo Francesco VIncenzi di Anbi “Bisogna considerare che normalmente la stagione irrigua parte il primo di aprile, e i picchi di questi giorni ci permetteranno di raccogliere acqua nei canali, che in Italia sono 200.000 chilometri, con la speranza che i laghi inizino a rilasciare più acqua. Ma i principali laghi sono al di sotto della media: solo il lago Maggiore è cresciuto di quattro cm. Noi agli agricoltori consigliamo l’irrigazione di precisione, con computer, software; consigliamo i turni per irrigare, in base alla disponibilità idrica dei momenti. Chiaro però quello che manca, manca”.

È diventato normale ciò che una volta era un’emergenza
“Ormai è consolidato che questa tendenza non è più straordinaria ma è normale”, afferma Vincenzi. “Ripensiamo agli eventi del 2012, del 2017, del 2019, a quest’anno: siamo nelle stesse identiche condizioni. Abbiamo una siccità conclamata, che ci ha portato a dire che manca l’acqua non ad agosto quando è sempre mancata, ma a novembre, dicembre, gennaio, febbraio, che sono i mesi quando in genere è sempre piovuto, dove il terreno in genere filtra e trattiene la sua acqua. La piovosità è diversa rispetto al passato e non coincide più con le esigenze dell’agricoltura, non coincide nemmeno più con gli aspetti economici e sociali del Paese. Ci sarà anche meno energia elettrica e meno lavoro. A livello locale possiamo solo eliminare le burocrazie e creare la rete di piccoli-medi invasi per portare acqua un po’ ovunque. Ma se non invertiamo la rotta dell’aumento delle temperature, non conosceremo più le stagioni e le piogge come le conoscevamo. Conosceremo solo gli eventi estremi e la siccità. Questa non è più una situazione di emergenza, è la normalità. E occorrono strumenti che non siano più solo strumenti di emergenza”. 

Dello stesso avviso è anche Alice Baronetti del Cnr, secondo cui comunque alcune tendenze sono già irreparabili. “Questa situazione è dovuta al dualismo del concetto di siccità, che come qualsiasi tipo di fenomeno climatico ha sia una componente naturale che una antropica”, spiega Baronetti. “L’uomo è uno dei principali modificatori del clima. Proprio per questo motivo per lo studio della siccità vengono utilizzate delle simulazioni fatte in base alle diverse strategie politiche da adottare entro la fine del secolo. Gli scenari prendono in esame un comportamento virtuoso, oppure simile a quello che teniamo adesso oppure addirittura non virtuoso. Per contrastare questa tendenza ovviamente non basterà adottare delle strategie di mitigazione a livello locale”. 


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Giovanni Peparello