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Allarme api: a rischio per inverno caldo e senza pioggia

Le temperature sopra i 15 gradi hanno fatto uscire le api dagli alveari. Ma ora il rischio è che i ritorni di freddo possano far gelare i fiori e anche far morire parte delle api - che sono fondamentali per la biodiversità

La temperature anomale e le ripetute giornate di sole di questo altrettanto anomalo febbraio hanno anche risvegliato in anticipo di almeno un mese le api presenti sul territorio nazionale che sono state ingannate dalla finta primavera ed ora rischiano di essere duramente colpite dal ritorno del freddo. È quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti sugli effetti di un inverno bollente con una temperatura che fino ad ora è stata in Italia superiore di 1,65 gradi rispetto alla media storica secondo le elaborazioni su dati Isac Cnr relativi al mesi di dicembre e gennaio. Le temperature sopra i 15 gradi hanno fatto uscire le api dal milione e mezzo di alveari presenti in Italia, che hanno subito ricominciato il loro prezioso lavoro di bottinatura ed impollinazione. Ma ora il rischio è che i ritorni di freddo possano far gelare i fiori e anche far morire parte delle api

Come spiega un articolo del Corriere della Sera, "all’inizio dell’autunno la maggior parte delle api muore — il ciclo vita di un’ape è mediamente di venti giorni — mentre quelle che nascono a fine estate hanno il privilegio di vivere molto più a lungo. Per quale ragione questo privilegio? La regina — il bene più prezioso dello sciame — è molto longeva, può vivere cinque o sei anni, ma si accoppia una sola volta, dunque deve essere in grado di mantenere attivo al suo interno il patrimonio di ovuli e spermatozoi — sarà poi questo materiale genetico a permetterle di rendere produttiva la stagione seguente — e per poterlo fare, ha bisogno di avere intorno a sé una temperatura costante di 37°. Il compito delle api autunnali, quindi, è proprio quello di raccogliersi intorno alla regina, formando una piccola palla — il glomere — e di tenerla calda, contraendo ritmicamente il loro addome. Durante questi mesi, infatti, viene sospesa la deposizione delle uova. Quest’inverno, la collaudata successione di eventi non si è messa in funzione per il semplice fatto che non c’è stato l’inverno, e dunque la regina ha continuato a deporre uova e a far nascere nuovi api. Con il risultato che a febbraio, le arnie hanno la stessa popolazione che avrebbero dovuto avere nella piena primavera". 

Un pericolo grave per la biodiversità considerato che le api sono un indicatore dello stato di salute dell'ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l'impollinazione dei fiori. In media una singola ape - precisa la Coldiretti - visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall'impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.

Ma a rischio è anche il miele dopo una delle peggiori annate con la produzione nazionale stimata praticamente dimezzata attorno a 12 milioni di chili del 2019 mentre le importazioni sono stimate pari a 25 milioni di chili nello stesso anno secondo elaborazioni Coldiretti su dati Istat dalle quali si evidenzia che poco meno della metà arriva dall'Ungheria e oltre il 10% dalla Cina.

red/gp

(Fonte: Dire, Agi, Corriere della Sera)