Anche la Ue contro il Decreto 'ammazza-fotovoltaico'

Anche l'Unione Europea ha espresso il suo parere contrario al decreto sulle energie rinnovabili promosso dal Ministro Romani, in discussione domani al Consiglio dei Ministri. Secondo le associazioni ambientaliste e di settore, il decreto sancisce la fine del fotovoltaico in Italia. Per i Verdi europei si tratta di un "inaccettabile regalo fatto alla lobby nucleare"

Il decreto sulle energie rinnovabili proposto dal Ministro per lo Sviluppo economico Romani, domani al vaglio del Consiglio dei Ministri, ha fatto insorgere in questi giorni associazioni ambientaliste e di settore, che si sono mobilitate, arrivando ad intasare con le loro mail di protesta anche il sito del Ministero. Anche l'Unione Europea ha espresso il suo disappunto per il paventato taglio agli incentivi che andrebbe "in senso diametralmente opposto rispetto agli impegni europei".

Tutta la questione verte su una direttiva europea che impegna i paesi membri a produrre attraverso fonti rinnovabili il 20 per cento della propria energia entro il 2020. Il nostro paese, per raggiungere questo obiettivo, invece di costruire centrali basate su fonti rinnovabili, ha deciso di puntare sugli incentivi: i consumatori costruiscono il loro impianto fotovoltaico a loro spese e lo Stato, attraverso il GSE, Gestore dei Servizi Energetici, garantisce al consumatore un incentivo 'spalmato' per i successivi vent'anni dall'allacciamento dell'impianto. La somma che il consumatore riceve varia secondo la tipologia di impianto e dipende dai kWh di energia prodotta. L'erogazione di questi incentivi (Conto Energia) rientra in una tendenza globale di tutti i paesi europei che stanno investendo nel settore delle rinnovabili miliardi di euro. La legislazione vigente prevede che gli incentivi al fotovoltaico restino in piedi fino al 2020 ma si riducano progressivamente, visto che lo sviluppo del mercato - uno dei pochi in Italia che non ha 'accusato la crisi' e ha generato migliaia di posti di lavoro- rende sempre meno necessario l'intervento dello Stato. Certo ci sono state delle distorsioni: un piano nato per delocalizzare la produzione di energia incentivandone la produzione domestica, per alcuni si è trasformato in un business, nel caso di costruzione di impianti molto grandi e che producono svariati kWh di energia.

Per questo motivo il decreto proposto dal governo inserisce un limite alle dimensioni degli impianti che possono godere degli incentivi, ma va oltre - ed è questo che ha scatenato le polemiche - tagliando gli incentivi prima della loro scadenza naturale, prevista per il 2020, abrogandoli a partire dal 2014.
Il decreto, infatti, prevede anche che questi vengano sospesi al raggiungimento degli 8000 MW prodotti tramite fotovoltaico, fattore che, tenendo in considerazione i ritmi di crescita e diffusione di questa fonte rinnovabile, potrebbe far raggiungere il tetto molto prima del 2014.

Anche altri paesi europei hanno posto un tetto agli incentivi, ma molto più alti: la Germania, ad esempio, ha un tetto vicino ai 50 mila MW. Questa ipotesi  di taglio mal si inserisce in un quadro di continue direttive dell'Unione Europea a favore dell'ampliamento dei finanziamenti nel settore delle fonti energetiche rinnovabili e del fatto che la stessa legge sul Conto Energia sia stata rinnovata soltanto a novembre, senza nessun accenno a tagli agli incentivi. Il ministro Romani sostiene che il meccanismo del Conto Energia costi allo Stato troppi soldi rispetto all'energia di cui facilita la produzione, sostenendo che gli incentivi debbano essere tagliati. Il ministro per l'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, è sembrata più possibilista, dichiarando che l'Italia manterrà gli impegni assunti in sede europea. Le associazioni ambientaliste e quelle che raggruppano gli operatori del settore, invece, sono infuriate: sostengono che il nuovo provvedimento costituirebbe di fatto la fine del fotovoltaico. Anche in Europa si prende posizione contro al decreto Romani, che rischia di sferrare un colpo mortale alle rinnovabili italiane e andrebbe contro la direttiva UE 28 del 2009, rendendo di fatto impossibile realizzare gli obiettivi fissati dalla UE in materia di rinnovabili.
 
Lo sostiene in un comunicato il relatore della direttiva sulle rinnovabili al Parlamento Europeo, Claude Turmes, cui si associa anche la capogruppo del partito Verde Europeo, Monica Frassoni: la bozza di decreto "va in senso diametralmente opposto rispetto agli impegni europei. In particolare va a svuotare l'obiettivo vincolante dell'Unione Europa posto per l'Italia sulle rinnovabili (17% sui consumi finali di energia), per raggiungere il quale il peso delle rinnovabili elettriche sul totale dovrà essere, a fine decennio, intorno al 30%. Di fatto è un enorme, inaccettabile regalo fatto alla lobby nucleare".
 
Anche Günther Öttinger, commissario europeo per l'energia ha espresso chiaramente la sua preoccupazione sul decreto Romani in un'intervista rilasciata oggi al Sole 24 Ore: "Il sistema normativo europeo dice che entro il 2020 dovremo avere almeno il 20% di energia da fonti rinnovabili. Ciò significa che dovrà venire da fonti pulite, non petrolifere, più del 30% dell'elettricità prodotta. Tocca ai governi e ai parlamenti, ai singoli stati, stabilire come arrivare in nove anni a questa quota di fonti rinnovabili. Non è compito di Bruxelles dire come arrivare al risultato, ma la Commissione deve controllare anno per anno come ciascun paese si avvicinerà e raggiungerà l'obiettivo europeo." La capogruppo dei Verdi europei ha espresso la sua opinione: "La bozza del decreto legislativo per il recepimento della direttiva rinnovabili 2009/28/CE, il cosiddetto decreto Romani, se approvata nel prossimo Consiglio dei Ministri rischia di provocare lo smantellamento di centinaia di aziende e di migliaia di posti di lavoro, a cominciare dal settore fotovoltaico. L'effetto del decreto sarebbe dunque quello di bloccare immediatamente gli investimenti in corso su tutta la filiera nazionale del settore così come l'appoggio del sistema finanziario. Un danno gravissimo per un settore che in Italia è stato uno dei pochi negli ultimi due anni a produrre occupazione di qualità e prospettive di mercato nuove e basate sull'innovazione. E un provvedimento che renderà impossibile al Paese raggiungere il proprio obiettivo 2020".



Julia Gelodi