(Fonte foto: Cat Ingv)

Come funziona l'allerta maremoto

La mattina del 6 febbraio 2023 la Protezione civile aveva diramato un'allerta maremoto a seguito del terremoto in Turchia - chiusa poi intorno alle 7. Non si è trattato di un errore ma, al contrario, della dimostrazione che la procedura di allarme ha funzionato. Ne abbiamo parlato con Alessandro Amato, Responsabile del Centro Allerta Tsunami dell'Ingv

Questa mattina intorno alle 3:23 il Dipartimento di Protezione civile ha diramato un’allerta maremoto per l’Italia, a seguito del fortissimo terremoto che alle 2:17 ha colpito la Turchia, di magnitudo Mwpd 7.9. Tempestivamente, sui profili social del Dipartimento è arrivato anche un vademecum illustrato sui comportamenti da adottare durante questo tipo di allerte. Successivamente, dopo alcune ore di apprensione, alle 7:22 del mattino l’allerta maremoto è stata revocata. Nonostante alcune critiche sui social, la diramazione dell’allerta e la successiva recvoca sono state proprio la dimostrazione che la procedura ha funzionato bene. A spiegarcelo è stato Alessandro Amato, Responsabile del Centro Allerta Tsunami dell’Ingv.

Come inizia un’allerta
Un’allerta maremoto segue dei passaggi precisi. “Le allerte per il Mediterraneo vengono diramate, da parte del nostro Centro Allerta Tsunami e di altri centri simili, quando si verifica un terremoto sopra una certa soglia, che sia in mare o vicino alla costa”. Il terremoto in Turchia non era vicinissimo al mare, spiega Amato, però era molto grande, e un terremoto così grande normalmente riguarda una faglia lunga 150-200 km: “L’epicentro non era in mare ma non potevamo escluderlo”. La soglia minima è di magnitudo 5.5: per quelli si fa solo un messaggio informativo, mentre sopra i 6 si fa un’allerta più concreta. “In questo caso avevamo un terremoto molto forte - racconta Amato - e quindi è scattata un’allerta massima per tutto il Mediterrano”. All’inizio, nei primi momenti, non si può ancora sapere se è stato generato uno tsunami, quindi l’allerta viene ricavata solo dal terremoto

La chiusura dell’allerta
“Una volta registrato il terremoto, mentre viene diramata questa prima allerta, si studiano i mareografi”, racconta Amato. “In questo caso i mareografi erano proprio sulla costa della Turchia meridionale, e in effetti studiandoli abbiamo rilevato un’anomalia abbastanza significativa. Pur non essendo molto grande, era un'anomalia abbastanza rilevanta da confermare che fosse stato generato uno tsunami, pur piccolo. Tutto questo avveniva dopo le 2 del mattino, tra le 3 le 4 del mattino. Dopodiché siamo rimasti in osservazione degli altri mareografi e delle zone circostanti, finché non abbiamo avuto la certezza che non si fosse generato nulla in altre aree. Noi abbiamo aspettato i dati dei mareografi in Italia, quelli di Crotone, Catania e Otranto, e questa mattina intorno alle 7 abbiamo chiuso la fase di allerta”.

La macchina della Protezione civile
In questo caso durante i primi rilevamenti la procedura è stata seguita attentamente. “Dopo la diramazione dell’allerta, la Protezione civile riceve in automatico il nostro messaggio e in automatico a sua volta lo dirama a una lista di destinatari che comprende anche strutture di Protezione civile, prefetture, ferrovie e autostrade. A livello locale invece dovrebbero essere i sindaci a dover diramare l’allerta”, spiega Amato. Possiamo quindi dire che la procedura sia stata applicata bene. “Da noi - dice Amato - è stata diramata l’allerta dopo 8 minuti dal terremoto, che è un tempo contenuto, subito dopo la stima di magnitudo e profondità e di altri parametri. Quello che manca, forse, in questi casi, è la presenza di un po’ più di dati sul livello del mare: non ci sono boe che lo misurino, quindi la procedura di verifica è complessa e laboriosa. Stiamo però progettando di metterne due nello Ionio proprio per proteggerci da eventuali tsunami che vengono da Grecia e Turchia”.

Giovanni Peparello