Come parlare di clima ai disimpegnati

L'iniziativa europea NOPLANETB illustra come coinvolgere i cittadini disimpegnati nel dibattito sulla crisi climatica

Coinvolgere i cittadini nella crisi climatica, soprattutto quelli che, pur senza essere negazionisti, non partecipano attivamente alle politiche climatiche. Nell’ambito del progetto europeo NOPLANETB (“non c’è un pianeta B”, per intendere che la Terra è l’unico e solo pianeta che abbiamo), è stato redatto una sorta di manuale che intende orientare le iniziative di sensibilizzazione sul tema climatico, coinvolgendo le persone che non se ne occupano direttamente, tramite un approccio con i cittadini “disimpegnati”.

Le ragioni dei “disimpegnati”
La parola chiave è coinvolgere. Coinvolgere pubblico, coinvolgere la cittadinanza meno impegnata, che è ritenuta necessariamente “negazionista” della crisi climatica, facendo leva soprattutto sui giovani e sulle donne. A volte infatti, nella retorica di divisione del mondo tra bianchi e neri, non è facile realizzare che chi non è coinvolto in questi ambiti potrebbe essere semplicemente poco consapevole, poco interessati o disilluso, per una molteplicità di motivi.

Imparare a comunicare a tutti
Per parlare di crisi climatica bisogna innanzitutto promuovere la fiducia nella scienza. È la scienza che ci aiuta a comprendere che le cause della crisi climatica sono antropogeniche, causate dall’umanità. Queste robuste prove specifiche spesso sono confuse con argomentazioni di diverso tipo, oppure presentate come teorie accademiche complesse, difficili da capire, scollegate dalla vita quotidiana. Dobbiamo invece continuare a parlare di “scienza”, presentare dati, chiarire che tutto ciò di cui parliamo è legato a studi precisi e universalmente accettati. Secondo NOPLANETB bisogna promuovere il pensiero critico, contribuire a un approccio attivo da parte della cittadinanza, per dimostrare che le politiche climatiche non sono solo “di transizione”, ma offrono una possibilità di sviluppo positiva per tutti. Serve collaborazione tra cittadina e istituzioni, con i media a fare da collegamento, fornendo informazioni affidabili, spiegandole in modo comprensibile. Non è utile, in questi casi, fornire delle informazioni sui cittadini senza spiegarle, facendole precipitare a cascata dagli esperti ai non esperti: il fondamento della collaborazione sta nella capacità di comprensione. E bisogna capire innanzitutto che le attuale sfide climatiche ed ecologiche possono portare a un maggior coinvolgimento nella società. 

Trovare i cittadini “disimpegnati”
Per attuare questo tipo di comunicazione bisogna rivolgersi ai cittadini “disimpengati”, cioè quelle persone che, per un motivo o per un altro, non partecipano o non mostrano interesse nel dibattito climatico e nelle iniziative legare alla sostenibilità. Come dicevamo, non sono necessariamente scettici o negazionisti, ma il loro disinteresse o la loro mancanza di consapevolezza può essere anche perfettamente comprensibile. Per rivolgersi a questo gruppo di persone bisogna innanzitutto capire le loro ragioni. Potrebbero essere persone che non hanno accesso ai giusti canali di informazione. Potrebbero essere preoccupate per l’aspetto economico della transizione ecologica, e in tal caso occorre spiegare in che modo ne possa beneficiare l’economia. Potrebbero essere preoccupati per il loro stile di vita, o vedono a repentaglio un aspetto culturale particolare. Potrebbero essere influenzati dalla politica o, al contrario, potrebbero nutrire una profonda sfiducia nei confronti degli organi governativi. Oppure potrebbero essere più preoccupate delle conseguenze sul breve periodo che su quelle sul lungo periodo, e in tal caso bisogna cercare di spiegare come i due aspetti siano collegati. C’è poi il caso di quella particolare popolazione urbana che, a meno che non venga colpita da eventi climatici estremi, rischia di non accorgersi di ciò che avviene nell’ambiente naturale, non percepisce le ondate di calore, non è avvezza alle gelate precoci o a tutto quel genere di eventi climatici che sono immediatamente percepibili in altri ambienti. Per ognuna di queste categorie bisogna applicare un approccio diverso, individuando il linguaggio adatto.

Bisogna costruire fiducia, impedire la diffusione di fake news, aumenteare la conoscenza di base, presentare prove e, soprattutto, “parlare un linguaggio umano”, non necessariemente scientifico. Per esempio, sottolinea NOPLANETB, il termine “economia verde” potrebbe diventare “economia pulita”. Allo stesso modo, invece di parlare di “costi” si può parlare di “investimenti”, mettendo l’accento sulle soluzione sul lungo periodo. E, quando si parla di “salvare il pianeta”, si può specificare che stiamo in realtà cercando di “proteggere la nostra società”, la vita umana come la conosciamo.

Giovanni Peparello