fonte Archivio sito

Coronavirus: chi rischia di avere forme gravi?

Università di Genova e Ospedale Gaslini hanno partecipato allo studio realizzato da 3500 ricercatori di 25 Paesi, che ha coinvolto 50 mila pazienti e 2 milioni di controlli sani

Perchè alcune persone sviluppano una malattia grave da coronavirus e altri manifestano sintomi lievi o addirittura assenti? Una ricerca internazionale rivela che diversi marcatori genetici sono associati all'infezione da SARS-CoV-2 e possono influenzare la gravità del covid. In futuro si potrebbero sviluppare terapie mirate per la cura della malattia.

I risultati
In particolare, si è scoperto che 13 regioni genomiche (loci) aumentano il rischio di sviluppare forme gravi dell’infezione; sono poi stati confermati, inoltre, i fattori di rischio dipendenti dal fumo e dall’alto indice di massa corporea. Tra le varie evidenze è emerso anche il ruolo di alcuni geni che influenzano il sistema immunitario: "Dei 13 loci identificati finora dal team del consorzio globale – dichiara Pasquale Striano uno dei 21 membri del writing group dello studio– un paio avevano frequenze più elevate tra i pazienti di origine asiatica rispetto a quelli di origine europea e uno di essi è vicino al gene Foxp4, correlato al cancro del polmone e associato a forme clinicamente gravi di Covid-19".

Lo studio più grande sul genoma
I risultati emersi sono frutto di un maxi-studio internazionale intitolato The COVID-19 Host Genetics Initiative. Mapping the human genetic architecture of COVID-19 comparso sulla rivista scientifica Nature giovedì 8 luglio. Questi risultati infatti provengono da uno dei più grandi studi di associazione sull'intero genoma mai eseguiti, che include quasi 50mila pazienti e due milioni di controlli sani. Leader del gruppo di lavoro è Andrea Ganna, presso l'Institute for Molecular Medicine Finland (FIMM) dell’Università di Helsinki diretto da Mark Daly, membro dell'istituto presso il Broad Institute del MIT e dell’Harvard University. Lo studio ha coinvolto anche una dozzina di ricercatori dell’Istituto Giannina Gaslini e dell’Università di Genova, afferenti alle aree disciplinari della Genetica medica e della Neurologia pediatrica, ed è frutto dello sforzo globale in seno alla COVID-19 Host Genetics Initiative (HGI), istituita nel marzo 2020 e inclusiva di oltre 3500 ricercatori, provenienti da 25 Paesi che lavorano insieme per condividere dati, idee, reclutare pazienti e divulgare i risultati delle ricerche.

Lo scopo
"Abbiamo reso immediatamente disponibili alla comunità scientifica i dati genetici a nostra disposizione per accelerare il più possibile le attività del consorzio globale" – afferma Federico Zara, leader del gruppo che ha coordinato la raccolta della popolazione dei controlli sani. – "L’obiettivo finale è scoprire strategie terapeutiche che consentano, grazie al contributo della genetica nel comprendere i meccanismi molecolari della malattia, di giungere a nuove cure". "Questo studio – dichiara Angelo Ravelli, Direttore Scientifico dell’Istituto G. Gaslini e professore ordinario di Pediatria dell’Ateneo Genovese – potrebbe aiutare a fornire nuovi orientamenti per future terapie e rappresentare il valore degli studi genetici nell’acquisire nuove conoscenze sulle malattie infettive e altre condizioni non primitivamente genetiche. Questi risultati, comunque, dimostrano l’efficacia di un grande sforzo di collaborazione internazionale tra molti dei più importanti gruppi di lavoro nella presente crisi globale della pandemia da COVID-19".

Red/cb

(Fonte: Ufficio Stampa Ospedale Gaslini)