Immagine di repertorio (Fonte foto: Pixabay)

Fondazione Cima: la neve in Italia è ancora in deficit

Secondo gli ultimi rilevamenti di Cima, il deficit dell'Equivalente Idrico Nivale, che descrive l'acqua contenuta nella neve, è ancora importante. Nonostante la situazione sulle Alpi stia migliorando, gli Appennini sono ancora in crisi

Poca, pochissima neve in Italia durante questo inverno: una situazione che potrebbe anticipare la siccità estiva. Dall’ormai consueto monitoraggio svolto da Fondazione Cima emerge infatti ancora un deficit importante nel cosiddetto Snow Water Equivalent (SWE), chiamato anche Equivalente Idrico Nivale, che è il valore che descrive l’acqua contenuta nella neve. Il deficit è ancora significativo rispetto agli anni passati, nonostante un leggero miglioramento rispetto a quanto descritto a dicembre dalla stessa Fondazione Cima.

Sulle Alpi la situazione migliora
Se a dicembre le analisi condotte da Fondazione Cima indicavano un deficit del -44% a livello nazionale, oggi il valore è in lieve ripresa, con un -39%. Il deficit tuttavia rimane fortemente negativo, molto peggio rispetto alla stagione 2011-2021. “Come evidenziamo sempre, i due fattori principalmente responsabili della scarsità di neve sono le temperature e le precipitazioni. Dobbiamo il deficit attuale, che purtroppo non è una novità rispetto agli inverni scorsi, a temperature alte associate a precipitazioni scarse”, spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell’ambito Idrologia e Idraulica di Fondazione CIMA. “L’anomalia di temperatura è stata particolarmente significativa sull’arco appenninico, nel quale, tra ottobre e dicembre, si sono registrate temperature di anche +2,5 °C superiori rispetto alla media”. In effetti, al momento si osservano differenze significative a livello locale e soprattutto tra le aree alpine e le appenniniche. Per le prime, infatti, il 2024 si è aperto con buone nevicate, che hanno almeno in parte compensato la scarsità di neve. Sulle Alpi, dalla Liguria al Friuli Venezia-Giulia, il deficit attuale è dunque del -26% rispetto alla media storica: sempre un deficit, certo, ma che descrive una situazione migliore di quella dello scorso anno quando, proprio in questo stesso periodo, il deficit alpino era del -67%.

Male gli Appennini, si spera in gennaio e febbraio
Peggiore la situazione sugli Appennini, dove le precipitazioni scarse si sono unite alle elevate temperature degli ultimi mesi. “Si tratta di una situazione paragonabile a quella dello scorso inverno”, commenta Avanzi. “In particolare, nelle zone montuose che alimentano per esempio il fiume Tevere, negli Appennini centrali, abbiamo circa il 10% della risorsa idrica nivale che ci aspetteremmo per questo periodo (quindi un deficit di quasi il 90%)”. Inoltre, è importante segnalare che, nonostante una situazione sulle Alpi globalmente migliore rispetto allo scorso anno, il bacino del Po continua a registrare deficit importanti nello SWE: – 43%. Si tratta di un dato di cui non possiamo non tenere conto, perché il principale bacino della nostra penisola è proprio quello del Po. “Abbiamo di fronte a noi ancora qualche mese utile per eventuali nevicate, che potrebbero almeno in parte colmare i deficit attuali; per gli Appennini, soprattutto, sono di solito i mesi tra gennaio e febbraio quelli più nevosi”, conclude Avanzi. “Il deficit a livello nazionale, tuttavia, è davvero marcato e difficilmente potremo rientrare, da qui all’inizio della primavera, nelle medie storiche: come diciamo sempre, infatti, la neve va intesa come una maratona, uno sforzo che avviene nel lungo periodo. Soprattutto, è importante evidenziare come questa situazione di scarsità di neve, che determina una minor disponibilità dell’acqua in essa contenuta, si ripeta ormai da diversi anni. È un segnale coerente con quanto la ricerca in climatologia sostiene da tempo, e che vediamo verificarsi in modo sempre più evidente: la crisi climatica altera il pattern delle precipitazioni, neve inclusa, e questo avrà un impatto inevitabile su molte nostre attività, dal turismo invernale all’agricoltura”.

red/gp

(Fonte: Fondazione Cima)