Il Presidente della Cop29 Mukhtar Babayev (a sinistra) con Antonio Guterres (a destra), il Segretario Generale dell'Onu

Gli accordi al ribasso della Cop29

Gli accordi raggiunti alla fine della Conferenza Onu sul clima sconstentano i Paesi in via di sviluppo, che non hanno causato ma stanno subendo le conseguenze della crisi climatica

Alla fine sono arrivati gli accordi per la Cop29, sull’orlo del fallimento totale. Fallimento che rimane parziale, dato che molti degli obiettivi sono stati disattesi, e su alcuni punti importanti si registra un passo indietro. La Conferenza dell’Onu sul Clima di Baku, in Azerbaigian, aveva l’obiettivo di risolvere importanti questioni di finanza climatica, confermando l’impegno ad abbandonare i combustibili fossili. Solo la prima parte di questi obiettivi è stata raggiunta, e in modo parziale e insoddisfacente. 

Gli accordi raggiunti
In base agli accordi è previsto l’aumento degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo contro il cambiamento climatico, dagli attuali 100 miliardi all’anno fino a 300 miliardi all’anno nel 2035. L’obiettivo è quello di aiutare i Paesi in via di sviluppo, che non hanno causato ma stanno subendo le conseguenze della crisi climatica. I fondi dovranno essere erogati dai Paesi ricchi, le cui emissioni di gas climalteranti hanno causato il riscaldamento globale. Questi 300 miliardi di dollari saranno destinati ai Paesi in via di sviluppo per aiutarli a non utilizzare i combustibili fossili, cioè carbone, petrolio e gas, per la produzione di energia. 

Le criticità dell’accordo
La cifra stanziata però non si avvicina nemmeno lontanamente all’importo di 1.300 miliardi di dollari, richiesti dai Paesi in via di sviluppo chiedevano. La speranza di molte delegazioni è che questo accordo vada nella giusta direzione, ma i Paesi in via di sviluppo sono stati fortemente critici. Il testo prevede che il contributo dei Paesi ricchi provenga dai loro fondi pubblici, integrati da investimenti privati che mobilitano o garantiscono, o da “fonti alternative”, il che significa possibili tasse globali ancora allo studio (sulle grandi fortune, sui trasporti aerei o marittimi).

La Cina contribuirà su base volontaria
I Paesi occidentali hanno tentato di ampliare l’elenco dei cosiddetti Stati responsabili dei finanziamenti per il clima, ritenendo che la Cina, Singapore e i Paesi del Golfo fossero diventati più ricchi e dovessero rientrare nell’elenco di coloro che stanno causando il riscaldamento globale. L’elenco non è stato ampliato, ma l’accordo di Baku “invita” i Paesi non sviluppati a fornire contributi finanziari, i quali però rimarranno “volontari”. Un modo per accontentare la Cina, che per l’Onu risulta ancora un Paese in via di sviluppo. Pechino potrà quindi erogare fondi senza avere vincoli.

I maggiori fallimenti: niente abbandono dei combustibili fossili
L’unico grande successo della Cop28 precedente, a Dubai, era l’allontanamento dalle fonti fossili, il “transition away”, che veniva citato per la prima volta nel testo finale. Non era ancora chiaro in che modo ed entro quando completare la transizione, ma il riferimento c’era. In questo nuovo accordo invece questo riferimento non c’è più. Quello che poteva sembrare l’inizio della fine delle fonti fossili, ora non è nemmeno all’orizzonte. Il fallimento è tanto più eclatante se si pensa che il riferimento al “transition away” era stato raggiunto a fatica dopo anni di negoziati. Ora bisognerà ricominciare tutto da capo, considerando che sono proprio i combustibili fossili a causare il riscaldamento globale e che il tempo di intervento stringe. 

Il collasso del Global Stocktake
A mancare completamente è la parte degli accordi che riguardava il Global Stocktake, cioè uno strumento che monitorasse i progressi di ciascun Stato rispetto alla riduzione di emissioni. Anche l’ideazione di questo strumento era stata definita nel corso della Cop28 a Dubai. A Baku parte dei negoziati hanno tentato di capire come definirlo, come migliorare gli impegni e le azioni, ma anche questo è tutto rimandato.

Le aspre critiche dei Paesi più poveri
Secondo Sunday Evans Njewa del Malawi, che ha parlato a nome del gruppo dei Paesi meno sviluppati (Pms), che riunisce le nazioni più povere del mondo, l’accordo è troppo poco ambizioso. “Questo obiettivo non è quello che speravamo di ottenere dopo anni di discussioni”. Molto critica anche l’India, che si è opposta all'adozione del documento: “L'importo che si propone di mobilitare è abissalmente misero. È una somma irrisoria”, ha dichiarato la funzionaria indiana Leela Nandan. Anche il Gruppo africano dei negoziatori alla Cop29 ha affermato che l'accordo sui finanziamenti per il clima da 300 miliardi di dollari è “troppo misero e troppo in ritardo”. “Siamo estremamente delusi dalla mancanza di progressi sulle questioni critiche per l'Africa”, ha detto Ali Mohamed, presidente keniano del gruppo. “L'Africa ha lanciato e continuerà a lanciare l'allarme sull'inadeguatezza dei finanziamenti per il clima”.

Appuntamento alla Cop30 del 2025, che si svolgerà in Brasile. La speranza è che tante questioni possano essere risolte, e che si ritorni alle conquiste della Cop28.

Giovanni Peparello