Fonte studio Politecnico di Milano

Il Politecnico di Milano studia l'inquinamento agricolo con i satelliti

Il progetto D-DUST ha studiato le possibilità di utilizzo della costellazione satellitare Sentinel per rilevare l’inquinamento derivante da attività agricole

Tra le molteplici funzioni e scopi che un satellite può avere, ora grazie al Politecnico di Milano possiamo annoverare anche la rilevazione dell’inquinamento da produzioni agricole.

Il progetto D-DUST, infatti, portato avanti dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale e dal Dipartimento di Elettronica Informazione e Bioingegneria dell’università milanese insieme all’Università dell’Insubria ha posto le basi per studiare il livello di inquinanti dispersi in aria tipicamente emessi dalle attività agricole in Lombardia.

L’analisi ha definito le procedure basate su dati open provenienti dalle piattaforme satellitari Sentinel del programma europeo Copernicus, tra cui Sentinel 5P, che fornisce misurazioni sui principali inquinanti atmosferici, nonché dai dati provenienti dalle stazioni fisse di monitoraggio a terra della rete ARPA Lombardia e dai dati delle campagne di rilevamento e caratterizzazione chimica del particolato. D-DUST ha studiato le concentrazioni di ammoniaca e di polveri sottili PM2.5 e i risultati mostrano come ci sia una correlazione statistica tra la distribuzione spaziale temporale delle attività agricole e i picchi di concentrazione, in special modo dell’ammoniaca, che a differenza del PM2.5, non ha limiti di legge o valori soglia raccomandati. Dai dati si rileva che sulla superficie agricola la presenza maggiore di PM2.5 si è avuta in gennaio. Considerando le diverse colture, la correlazione più alta si è avuta con il mais, mentre significativa ma più bassa quella dei cereali e debole per il riso. Per quanto riguarda l’ammoniaca i valori più alti si sono avuti nel mese di marzo con una sempre significativa presenza nelle colture di mais, inferiore per i cereali e assenti per il riso.

Daniele Oxoli, docente di Sistemi Informativi Geografici e Osservazione della Terra presso il Politecnico di Milano, spiega come avviene l’attività di raccolta dati: “il nuovo trend di ricerca con l'utilizzo dei satelliti è quello di utilizzare questi sensori per verificare la qualità dell'aria. Procedure note da tempo, pensiamo al buco dell'ozono, che negli ultimi 4-5 anni si stanno sviluppando velocemente e che attraverso satelliti ottici, quindi con delle camere, sono essenzialmente in grado di capire la presenza e la concentrazione di certi gas target sfruttando essenzialmente la fisica del telerilevamento. Ciò è possibile in quanto queste sostanze presenti nell'atmosfera assorbono o riflettono in maniera caratteristica l’energia del sole sia per i diversi tipi di costituenti, sia per la loro concentrazione e queste camere sono in grado di fotografare l'area interessata e produrre, tramite un'elaborazione complessa, una stima della concentrazione di un inquinante. In certi casi è possibile anche individuare la concentrazione divisa per altezza dal suolo. Nel caso specifico, l’attività è stata svolta grazie a Sentinel 5P, il primo satellite ESA, strumento prototipo per la stima della concentrazione di questi gas inquinanti all'interno della sfera terrestre. “Ci siamo concentrati su questo progetto, perché nel futuro ci saranno più costellazioni satellitari – continua Oxoli – persino costellazioni geostazionari che guardano, cioè, la stessa area sulla terra, quindi, con capacità di acquisire dati con una frequenza temporale più importante e più alta.”

Lo studio sulle attività agricole ha portato all’attenzione degli studiosi un altro fattore: “la declinazione nel progetto sull’agricoltura ha dimostrato che le applicazioni di questo tipo di tecnologie possono essere utili soprattutto per la rilevazione in ambiti extra urbani dove è minore la presenza di sensori che raccolgono i dati “veri” usati per le politiche di qualità dell'aria. Si può così avere un'informazione in più che, seppur non direttamente confrontabile, apre un po’ di aspettativa. Infatti, pur non performando in maniera assoluta come misura della concentrazione al pari dei sensori, offrono comunque delle buone prestazioni per capire dove ci sono situazioni più critiche, dei picchi molto alti o delle concentrazioni alte che si prolungano nel tempo, ma definire se si è sopra o sotto il livello di guardia è ancora prematuro. Siamo ancora nell'ambito della ricerca, insomma, però ovviamente poi si possono applicare all'immissione di qualsiasi inquinante.”

Proprio in quanto ancora ai primordi dello studio, i dati soffrono di lacune di accuratezza, ma il lavoro degli studiosi ha permesso di ottenere una rilevazione che, seppur non precisa in termini quantitativi come i sensori a terra, offre un inquadramento generale delle porzioni di territorio sottoposte a concentrazioni alte di inquinanti. I dati raccolti e così elaborati possono diventare uno strumento importante nelle mani del decisore politico, per fornire allert o informazioni sulla qualità dell’aria.

Fabio Ferrante