Fonte Legambiente

Il Rapporto Città Clima 2023 Speciale Alluvioni di Legambiente

Il report mostra i dati raccolti in 14 anni su allagamenti, frane e esondazioni fluviali. Sicilia, Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna le regioni più colpite

La cronaca ci ha mostrato un aumento esponenziale degli eventi estremi in Italia. Un fenomeno che non stupisce, essendo il nostro Paese un hot spot della crisi climatica in Europa. Legambiente nel suo “Rapporto Città Clima 2023 Speciale Alluvioni” ha preso nota degli eventi alluvionali registrati sul territorio italiano in 14 anni di monitoraggio. Il risultato? Dal 2010 al 31 ottobre 2023 sono avvenuti 684 allagamenti da piogge intense, 166 esondazioni fluviali e 86 frane da piogge intense, che rappresentano il 49,1% degli eventi. 

Il prezzo delle emergenze
Legambiente ha calcolato poi che in 10 anni, dal 2013 al 2023, l'Italia ha speso per le emergenze climatiche in media più di 1,25 miliardi all'anno, per un totale di oltre 13,8 miliardi di euro di fondi. I dati della Protezione Civile sugli stati di emergenza da eventi meteo-idro dal maggio 2013 a settembre 2023 parlano di 141 casi, segnando ancora un incremento deciso rispetto agli scorsi anni (al 2020 gli stati di emergenza erano 103). I fondi includono gli importi segnalati dalle regioni per lo stato di emergenza e la ricognizione dei fabbisogni determinata dal commissario delegato. 

I dati locali
Segue una classifica delle regioni più colpite divisa per avvenimento meteo: ad esempio la Sicilia è la Regione maglia nera per quanto riguarda gli allagamenti con 86 casi, seguita dal Lazio con 72 casi, Lombardia, 66, Emilia-Romagna 59, e ancora Puglia e Campania a pari merito con 49 eventi e la Toscana con 48 allagamenti. Per le esondazioni fluviali al primo posto si trova la Lombardia con 30 casi, seguita dall’Emilia-Romagna con 25 e dalla Sicilia con 18 eventi. Va segnalato anche il numero di frane da piogge intense che hanno provocato danni in particolare in Lombardia (12), Liguria (11), Calabria e Sicilia (entrambe con 9 eventi). Le città più danneggiate sono Roma, dove in 14 anni si son verificati 49 allagamenti, Bari con 21 episodi di questo tipo, e ancora, Agrigento con 15, Palermo con 12, Ancona, Genova, Napoli con 10 casi. Per quanto riguarda le esondazioni fluviali a capo della tristi classifica c'è Milano con il Seveso e il Lambro che in questi anni sono esondati ben 20 volte. Seguono Sciacca (AG) con 4 straripamenti, Genova e Senigallia (AN) con 3.

I dati nazionali
Il report analizza anche la situazione a livello nazionale. “Gli anni appena passati, hanno visto una serie quasi ininterrotta di allerte e stati di emergenza che non è più possibile ignorare” si legge nel documento. “L’inverno 2021-22 è stato dichiarato dalla Società Meteorologica Italiana tra i più estremi mai registrati in termini di caldo e deficit di precipitazioni proseguono dalla Ong. In tema di estremi delle piogge vengono ricordati due eventi del 2021: il record di pioggia registrati il 4 ottobre, con il massimo di 882,8 mm in 24 ore a Rossiglione (GE), e quello del 24 e 25 ottobre, quando nella parte ionica e meridionale della Calabria e nella Sicilia orientale furono raggiunti oltre 250 mm in poche ore. Al contrario il 2022 è stato un anno caratterizzato da una “prolungata siccità” che ha colpito soprattutto il centro-nord, come ad esempio il Piemonte, con un'anomalia delle piogge del 41%.

Taglio fondi
Di qui la denuncia di Legambiente che ricorda che “il governo Meloni nel rimodulare il PNRR ha scelto di dimezzare le somme destinate a contrastare il dissesto idrogeologico, passate a livello nazionale da 2,49 miliardi a 1,203 miliardi, in un Paese dove si sono spesi in media oltre 1,25 miliardi/anno per la gestione delle emergenze, mentre dal 1999 al 2022, per la prevenzione del rischio, sono stati ultimati 7.993 lavori per un importo medio di 0,186 miliardi/anno (fonte Rendis- Ispra)”.

Possibili soluzioni 
Legambiente lancia quindi un messaggio in occasione della pubblicazione del suo report e a pochi giorni dell’apertura della COP28 sul clima a Dubai e del suo XII congresso nazionale dal titolo “L’Italia in cantiere” in programma a Roma l’1, 2 e 3 dicembre e incentrato su crisi climatica e transizione ecologica, ricordando quelli che devono essere i due pilastri cardine della buona gestione del territorio: ossia la convivenza con il rischio, che si attua con la giusta attenzione ai piani di emergenza comunali, all’informazione e formazione dei cittadini e la consapevolezza che un territorio come quello italiano non ha bisogno di essere ulteriormente ingessato, cementificato, impermeabilizzato, ma dell’esatto opposto, ovvero dell’adattamento. L'appello finale al governo è quello di approvare il PNACC, il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, e individuare le linee di finanziamento stanziando adeguate risorse economiche (a oggi assenti) per attuare il Piano. Poi l'associazione ambientalista chiede che sia approvata la legge sullo stop al consumo di suolo che il Paese aspetta da 11 anni, superare la logica dell’emergenza e degli interventi invasivi e non risolutivi e costituire una regia unica, da parte delle Autorità di bacino distrettuale, attualmente marginalizzate, per costruire protocolli di raccolta dati e modelli logico/previsionali che permettano di conoscere la tendenza delle precipitazioni e i loro impatti sul territorio. “Una vera mitigazione del rischio idrogeologico – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente– si potrà ottenere solo integrando la restituzione dello spazio ai fiumi (agendo su delocalizzazioni, desigillatura di suoli impermeabilizzati, rinaturazione delle aree alluvionali, azzerando il consumo di suolo e non concedendo nuove edificazioni in aree prossime ai corsi d’acqua) con opere di difesa passiva e di sfogo controllato, come aree o vasche di laminazione, da realizzare laddove necessario e inserendole sempre in una visione generale del problema da risolvere. La ricostruzione delle aree colpite dalle alluvioni, a partire dall’Emilia-Romagna, deve essere l’occasione per ripensare la gestione del territorio, anche con coraggiosi cambi di uso del suolo, considerata l’ingente quantità di risorse pubbliche che saranno utilizzate. Sarebbe miope, infatti, pensare di ricostruire con la filosofia “dov’era, com’era”.

Red/cb
(Fonte: Legambiente)