L'Aquila, processo Grandi Rischi: depositate le motivazioni

Depositate venerdì 18 gennaio le motivazioni della sentenza di primo grado di condanna a 6 anni di reclusione ai 7 membri della Commissione Grandi Rischi riunitasi nel 2009 pochi giorni prima della scossa del 6 aprile

"Non è sottoposta a giudizio 'la scienza' per non essere riuscita a prevedere il terremoto del 6 aprile 2009" afferma il giudice del Tribunale dell'Aquila, Marco Billi, nelle motivazioni della sentenza che ad ottobre 2012 ha condannato i componenti della Commissione Grandi Rischi del 2009.

Nel documento di 940 pagine, depositato due giorni prima del termine previsto, si legge: "La contestazione agli imputati appare pienamente fondata: le affermazioni riferite alla valutazione dei rischi connessi all'attività sismica sul territorio aquilano sono risultate assolutamente approssimative, generiche e inefficaci". Ai 7 componenti della Grandi Rischi che si riunì all'Aquila pochi giorni prima del 6 aprile 2009 è stata inflitta una condanna a 6 anni per omicidio colposo e lesioni colpose.

Il giudice del Tribunale dell'Aquila Marco Billi scrive: "Gravi profili di colpa si ravvisano nell'adesione, colpevole e acritica, alla volontà del Capo del Dipartimento della Protezione Civile (all'epoca appunto Bertolaso) di fare una 'operazione mediatica' (come emerso da intercettazioni telefoniche che lo hanno fatto entrare nel processo come indagato per reato connesso) che si è concretizzata nell'eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la Commissione e la popolazione aquilana".

"Il presente processo non è volto alla verifica della fondatezza, della correttezza e della validità sul piano scientifico delle conoscenze in tema di terremoti. Non è sottoposta a giudizio 'la scienza'" afferma il giudice, infatti "il compito degli imputati, - prosegue il giudice - quali membri della commissione medesima, non era certamente quello di prevedere (profetizzare) il terremoto e indicarne il mese, il giorno, l'ora e la magnitudo, ma era invece, più realisticamente, quello di procedere, in conformità al dettato normativo, alla 'previsione e prevenzione del rischio'". "E', dunque, pacifico - prosegue Billi - che i terremoti non si possano prevedere, in senso deterministico, perché le conoscenze scientifiche (ancora) non lo consentono; ed è altrettanto pacifico che i terremoti, quale fenomeno naturale, non possono essere evitati: il terremoto è un fenomeno naturale non prevedibile e non evitabile. Per gli stessi motivi nessuno é in grado di lanciare allarmi, scientificamente fondati, circa una imminente forte scossa". "Proprio sulla corretta analisi del rischio andava, di pari passo, calibrata una corretta informazione", continua il giudice Billi.

La corretta informazione, secondo il giudice, è venuta a mancare nel momento in cui risultanze rassicuratorie sono emerse dalla riunione della Commissione Grandi Rischi, che hanno indotto gli aquilani a restare in casa mentre, con una condotta più prudente, si sarebbero potute salvare alcune vite. Così le motivazioni della sentenza di condanna della Commissione confermano la tesi accusatoria.

La "migliore indicazione" sulle rassicurazioni della commissione Grandi Rischi "si ricava dalla lettura della frase finale della bozza del verbale della riunione - è scritto nelle motivazioni - , laddove l'assessore alla Protezione civile regionale Daniela Stati, in modo emblematico, dice: 'Grazie per queste vostre affermazioni che mi permettono di andare a rassicurare la popolazione attraverso i media che incontreremo in conferenza stampa'". Billi sottolinea, nel documento di oltre 900 pagine, che "la rassicurazione non costituisce un segmento della condotta che il pm contesta agli imputati, ma costituisce in realtà l'effetto prodotto dalla condotta contestata".

Le affermazioni emerse nel corso della riunione della Commissione sui temi "della prevedibilità dei terremoti, dei precursori sismici, dell'evoluzione dello sciame in corso, della normalità del fenomeno, dello scarico di energia indotto dallo sciame sismico quale situazione favorevole, che costituiscono il corpo principale del capo di imputazione" hanno una "indubbia valenza rassicurante".

I condannati in primo grado a sei anni di reclusione sono: Franco Barberi, all'epoca presidente vicario della commissione Grandi rischi; Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile; Enzo Boschi, all'epoca presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv); Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e.; Claudio Eva, ordinario di Fisica all'Università di Genova; Mauro Dolce, direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile.




Redazione/sm
Fonte: ANSA