fonte pixabay

La dichiarazione di Kunming sulla biodiversità non vincola nessuno

Il documento firmato in occasione della 15° conferenza sulla biodiversità dell'Onu non è altro che una semplice dichiarazione di intenti

Più di 100 Paesi si sono impegnati oggi, mercoledì 13 ottobre, per mettere la protezione degli habitat nell'agenda dei loro governi ma non sono stati in grado di impegnarsi su specifici obiettivi per limitare l'estinzione di massa.

L'accordo di Kunming
Il ministro cinese dell'ambiente, Huang Runqiu, ha infatti specificato subito ai delegati della 15° conferenza sulla biodiversità dell'Onu, che si tiene a Kunming, che la dichiarazione che hanno adottato è un documento politico e non un patto internazionale vincolante. Il testo della dichiarazione di Kunming chiede “urgenti e integrate azioni” per riflettere sul ruolo della biodiversità in tutti i settori dell'economia globale ma temi cruciali, come il finanziamento per la conservazione delle specie nei paesi più poveri e l'impegno all'utilizzo di pratiche che rispettino la biodiversità nelle fasi di produzione, sono stati tralasciati.

I precedenti
Con la perdita di piante e specie di animali che oggi scompaiono con una percentuale più veloce che in 10 milioni di anni, politici, scienziati e esperti stanno provando a stendere un piano di lavoro per un nuovo patto per la salvaguardia della biodiversità. In un precedente accordo, firmato ad Aichi, in Giappone, nel 2010, i governi si misero d'accordo su 20 obiettivi per provare a frenare la perdita di biodiversità e proteggere gli habitat entro il 2020, ma nessuno di questi obiettivi fu raggiunto. Al centro dello sforzo per salvare la natura c'è un appello delle Nazioni Unite ai Paesi per proteggere e conservare il 30% del loro territorio entro il 2030, un target noto come 30 entro il 2030, che la conferenza ha riconosciuto anche se non era chiaro la misura in cui la Cina lo avrebbe sostenuto.

Dubbi sull'impegno cinese
“La dichiarazione faceva riferimento all'obiettivo del 30 entro il 2030, ma non indicava se Pechino era allineata con esso oppure no” dice Li Shuo, senior advisor del clima di Greenpeace. Un impegno del 30% potrebbe significare troppo per una terra-stressata come la Cina, che ha circa 10 mila riserve naturali che coprono il 18% del suo territorio. “Ci sono accademici che pensano che il 24-25% potrebbe essere una percentuale più ragionevole, ma anche arrivare al 18% sarebbe stato impegnativo, così come il 30% potrebbe essere difficile” dice Alice Hughes, una biologa che ha preso parte al dialogo a nome di una fondazione con base a Pechino sulla Biodiversità, la conservazione e lo sviluppo sostenibile in Cina. “Anche un target di un unico tipo sarebbe inappropriato per Paesi come l'Indonesia e il Brasile, dove un obiettivo fissato al 30% potrebbe consentire più deforestazione”, aggiunge Hughes. Elizabeth Mrema, segretario generale della Convention sulla biodiversità dell'Onu, minimizza l'importanza di adottare l'obiettivo specifico del 30%. “Dobbiamo ricordarci che dobbiamo concentrarci sugli esiti della biodiversità più che sugli spazi interessati” ha detto a Reuters.

Red/cb

(Fonte: Reuters)