Fonte Julia Bomben

La disabilità in emergenza. Che cos'è e a cosa serve la scheda SVEI

Un importante strumento introdotto dalla Direttiva del 2019 per l’assistenza in emergenza mirata a chi ha bisogni specifici

“Uno strumento oggettivo che ha l’obiettivo di andare a individuare tra la popolazione sfollata nelle aree di attesa e di accoglienza, già assistita dal sistema di protezione civile, quella parte che presenta delle specifiche necessità.” Julia Bomben, pedagogista formatrice in ambito educativo e socio-sanitario che collabora con UNICEF e l’Istituto Superiore della Sanità sul tema dell’alimentazione infantile in emergenza, ci spiega quali sono gli obiettivi della scheda SVEI (Valutazione delle Esigenze Immediate) introdotta dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 gennaio 2019

Scopo
La norma ha sottolineato la necessità per i soccorsi in emergenza di dotarsi di un sistema per non lasciare indietro le persone svantaggiate “durante un’emergenza ci sono sicuramente delle categorie che noi definiamo vulnerabili e che presentano appunto dei bisogni specifici. Non rispondervi prontamente potrebbe andare ad incidere sia a livello di decoro, ad esempio dell'anziano che ha necessità di supporto per l'incontinenza, sia per quanto riguarda la categoria della disabilità, fragilità che possono essere transitorie o permanenti. Lo stesso anziano, che nel suo contesto abitativo è autosufficiente, perché ha le sue routine, le sue piccole autonomie, nel momento in cui poi si viene a trovare, a seguito di un evento comunque impattante da un punto di vista emotivo, in un luogo dove perde i suoi riferimenti può non essere più nella condizione di poter provvedere alle sue necessità, sia nella cura della sua persona sia dal punto di vista della somministrazione di una terapia o altro.” Bomben sottolinea che a questa categoria appartiene anche tutto il mondo della vulnerabilità sociale, ovvero quelle persone che stanno sempre ai limiti della società e che proprio in un contesto così rischiano di non essere visti, perché non hanno la capacità di farsi vedere oppure perché sono così imbarazzati dal loro stato che se ne stanno in disparte. Ma possono esservi inseriti anche i bambini molto piccoli e i loro nuclei familiari, nonché le donne in gravidanza, “non perché siano vulnerabili di per sé, ma in quanto la vulnerabilità è contesto dipendente.” Allora la scheda SVEI ha proprio l'obiettivo di cercare, tra le persone a cui si sta già fornendo un’assistenza generica, i bisogni specifici per dare una risposta a quella necessità particolare.

Come è fatta
La scheda è costituita da due parti. La prima parte è somministrata da volontari sanitari adeguatamente formati, allo scopo di censire tutte le persone sfollate per individuare rapidamente chi ha bisogno di una specifica assistenza. Una raccolta di dati e fatti oggettivi che si ispira al metodo start usato nel triage sanitario, attribuendo dei codici colore, dal verde al rosso, che ne stabiliscono la priorità di assistenza. La seconda parte viene compilata da personale infermieristico che, sui codici giallo e rosso, andranno a stabilire l’assistenza necessaria e fornire indicazioni circa la sistemazione da dare alla persona, il mezzo idoneo e la struttura verso cui effettuare l’eventuale trasferimento. La direttiva del 2019, approvata da tecnici, Regioni e Anci, probabilmente non ha raggiunto una capillare diffusione e applicazione, a causa dell'emergenza Covid che ne ha provocato un rallentamento. In ogni caso ha trovato applicazione in importanti esercitazioni di livello nazionale come ha testimoniato Julia Bomben: “sono stata chiamata durante l'esercitazione sulla Sicilia e sulla Calabria "Sisma dello Stretto", dai referenti sanitari regionali proprio per mettere in atto questo modello. In quel contesto la scheda SVEI è stata utilizzata, così come è stata testata nell’esercitazione ai Campi Flegrei 2019, alla quale avevo partecipato come osservatore Unicef.” Interessante il ruolo svolto da Bomben nell’esercitazione Sisma dello Stretto, in cui la pedagogista ha formato la popolazione vulnerabile con disabilità intellettiva affinché fosse in grado di arrivare in autonomia ai punti di attesa e di segnalarsi ai soccorritori. Inoltre, ha fornito indicazioni ai volontari su come riconoscere precocemente la disabilità, “specialmente quella non immediatamente visibile – continua Bomben – perché la scheda è efficace se somministrata a tutti, per evitare che i più forti sappiano attirare le attenzioni, mentre i più deboli rimangano senza assistenza specifica.”

Fabio Ferrante