La scienza per l'ambiente:
robofish contro l'inquinamento

Pesci meccanici che nuotano in mare come se facessero parte della fauna acquatica, sono questi i robofish del progetto europeo Shoal. I pesci robot sono in grado di analizzare l'acqua in maniera tale da trasmettere informazioni sui livelli di inquinamento e risalirne alla fonte

Usare la tecnologia scientifica per tutelare l'ambiente in cui viviamo, per conoscerlo meglio e per cercare di curarlo laddove emergano "malattie". E' l'idea che sta alla base di un'interessante iniziativa scientifica: i robofish del progetto europeo Shoal, che rientra nell'ambito del Settimo programma quadro ICT -Information and Communication Technologies - della Commissione Europea.

Il robofish si presenta come un 'tonno robot': è un pesce meccanico lungo circa un metro e mezzo dotato di pinne e coda per potersi mimetizzare tranquillamente tra la fauna che popola i mari, e ricoperto con un guscio di plastica gialla fosforescente per essere invece facilmente avvistato.
In questa invenzione biomimetica e robotica avanzata fanno fronte comune nella lotta all'inquinamento marino perseguendo l'obiettivo di realizzare un efficiente strumento di monitoraggio della qualità delle acque marine, intelligente, autonomo ma soprattutto animal-friendly.

Il robofish monitora i livelli di ossigeno e la salinità, è capace di seguire gli scarichi inquinanti delle navi, è dotato di delicati sensori e di un sistema di elaborazione dati in grado di scambiare informazioni fra le varie unità, è in grado di mappare la propria posizione e il tragitto, prelevare campioni ed analizzarli, così come seguire le tracce chimiche per risalire alla fonte della contaminazione.

Il pesce robotizzato è stato "liberato" nei mesi scorsi nelle acque del porto marittimo di Gijon, nella Spagna nordoccidentale con l'idea appunto di "ottenere in tempo reale il monitoraggio dell'inquinamento, in modo che se qualcuno scarica prodotti chimici in mare o in caso di perdite si possa arrivare subito alla zona clou, scoprire che cosa sta causando il problema e porvi rimedio", spiega Luke Speller, uno scienziato che collabora al progetto. Nella loro forma attuale i robofish possono rilevare fenoli e metalli pesanti come rame e piombo, ma la squadra di ricerca ha volutamente realizzato un modello base abbastanza flessibile da permettere di cambiare il sensore chimico a seconda dell'ambiente che si sta monitorando. La vita della batteria è, tuttavia, ancora un ostacolo, dal momento che ogni unità necessita di una ricarica di otto ore.





Redazione/sm