Dott. Mauro Dolce (foto: GPC)

Ricostruzione post-sisma:
quali criteri?

Imparare dagli errori del passato per non commetterne dei nuovi o evitare che si ripetano: a questo mirano le nuove linee guida per gli interventi sugli edifici industriali non progettati con criteri antisismici, elaborate da un team di esperti e promosse dal DPC. Ne parliamo con il Dott. Mauro Dolce, Direttore Uff. Rischio Sismico e Vulcanico Dip. Protezione civile

Si è tenuto a Bologna il 20 giugno scorso, il convegno "La ripresa dopo il sisma: sicurezza e prevenzione", durante il quale sono state illustrate e discusse le nuove linee guida per gli interventi sui capannoni industriali non progettati con criteri antisismici.
L'incontro, promosso dal Dipartimento della Protezione Civile, dal Consiglio nazionale degli Ingegneri, da ReLuis-Consorzio della Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica e Assobeton-Associazione nazionale industrie manufatti cementizi, è stato condotto dal Dott. Mauro Dolce, Direttore dell'Ufficio rischio sismico e vulcanico del Dipartimento della Protezione Civile.

"La diffusione di queste linee di indirizzo - spiegava una nota del Dipartimento di Protezione civile relativa al convegno - nasce dalla necessità di realizzare con urgenza interventi su edifici industriali assimilabili ai capannoni nei territori dell'Emilia Romagna, Veneto e Lombardia colpiti dai terremoti del 20 e 29 maggio. Infatti, il riconoscimento formale della pericolosità sismica di questi territori è avvenuto solo dopo il 2003, con la revisione della normativa tecnica per le costruzioni e della classificazione sismica. Gli edifici industriali costruiti senza criteri antisimici sono risultati particolarmente vulnerabili ed hanno registrato numerosi crolli in seguito alle forti scosse di maggio. Per superare l'emergenza in questi territori, migliorare le condizioni di sicurezza e garantire una ripresa rapida del tessuto economico e produttivo, il Decreto Legge 74 ha previsto un processo da realizzare in due fasi:
- interventi locali, per eliminare le carenze strutturali più rilevanti;
- interventi globali, per integrare le condizioni aggiuntive previste dal D.L. 74 rispetto all'agibilità sismica di una costruzione".

Abbiamo quindi chiesto al Dott Mauro Dolce, Direttore dell'Ufficio rischio sismico e vulcanico del Dipartimento della Protezione Civile, di spiegarci contenuto e finalità di queste nuove linee di indirizzo:


Dott. Dolce, da chi sono state stilate le nuove linee guida? Cosa contengono?
"Le linee guida sono state promosse dal Dipartimento della Protezione Civile e redatte da un gruppo di lavoro molto ampio, costituito da tecnici esperti della problematica dei capannoni industriali, operanti nel mondo della ricerca, della progettazione, dell'industria dei prefabbricati, ed afferenti al consorzio ReLUIS (Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica), al CNI (Consiglio Nazionale degli Ingegneri), alla Federazione degli Ordini degli Ingegneri dell'Emilia Romagna, ad Assobeton (Associazione Nazionale Industrie Manufatti Cementizi).
Si tratta di una sorta di manuale, nel quale si cerca di evidenziare quali sono le modalità con le quali più frequentemente sono avvenuti i crolli - anche attraverso un'ampia documentazione fotografica - quali sono le carenze strutturali e non strutturali che hanno determinato tali modalità, quali sono i principi e i criteri fondamentali per risolvere tali carenze, attraverso interventi mirati, che si inquadrano nella categoria prevista nella normativa vigente degli interventi di rafforzamento locale. Il documento contiene anche una serie di schede sintetiche che illustrano diverse tipologie di intervento volte a esemplificare e evidenziarne pregi e difetti".


Perchè solo ora?
"Perché solo ora un terremoto ha colpito un'area a forte sviluppo industriale e solo di recente classificata in zona sismica, e dunque perché solo ora un terremoto ha messo in clamorosa evidenza la vulnerabilità sismica degli edifici industriali, in particolare dei capannoni prefabbricati, non progettati con criteri antisismici. Tale vulnerabilità si è tradotta in numerosi crolli clamorosi, anche a causa delle particolari caratteristiche delle scosse, determinate dalle spesse coltri di terreni alluvionali, che sollecitano in maniera accentuata queste costruzioni, generalmente caratterizzate da una notevole flessibilità".


Quali sono le tipiche carenze che hanno determinato i crolli più clamorosi, a cui si fa riferimento nel documento?
"Sono sostanzialmente quelle riportate nel decreto Legge 74, ossia l'assenza di connessione tra travi principali e pilastri, tra elementi di copertura e travi principali. L'area interessata dalle due scosse del 20 e del 29 maggio è stata classificata in zona sismica solo dopo il 2003: in precedenza, non c'era alcun obbligo di progettare con criteri antisismici, il che, per le strutture prefabbricate, si traduceva anche nella possibilità di non prevedere connessioni tra elementi strutturali. Inoltre, anche le connessioni tra i pesanti pannelli di tamponamento e le strutture principali sono spesso inadeguate. La caduta di tali pannelli è molto pericolosa e da evitare. Alcuni crolli sono stati determinati anche dall'impatto contro la struttura delle alte scaffalature portanti materiali pesanti, nel loro crollo.
Ovviamente, ci possono essere altre carenze, ad esempio legate a una insufficiente resistenza e duttilità dei pilastri e a una insufficiente resistenza delle fondazioni, ma la risoluzione delle carenze principali sicuramente produce un significativo miglioramento della capacità resistente complessiva della struttura, grazie alla maggiore robustezza che ne consegue".


Questo documento potrà estendere i suoi effetti anche per sanare situazioni simili su tutto il territorio italiano?
"Sarebbe auspicabile che, presa coscienza della vulnerabilità di queste costruzioni, ampiamente dimostrata dagli effetti del terremoto in Emilia, e dei notevoli danni alle persone e alle cose, anche in altre aree industriali italiane si attivasse un'azione generalizzata di messa in sicurezza di queste costruzioni, tenuto anche conto che spesso il valore economico di quanto è contenuto all'interno di un edificio industriale e le perdite legate al fermo di produzione sono di gran lunga superiore al valore della costruzione".


Chi dovrà farsi carico del costo degli interventi?
"Una sapiente gestione dell'impresa dovrebbe prevedere la messa in sicurezza rispetto al sisma di queste costruzioni entro un lasso temporale ragionevole, perché nel lungo termine i vantaggi possano essere superiori ai costi".



Una volta che gli edifici siano messi in sicurezza secondo i parametri attuali, si possono considerare sicuri al 100% contro eventi sismici futuri, di intensità pari o maggiore a quella prevista dagli attuali modelli per la zona di riferimento?
"Le norme tecniche garantiscono la sicurezza rispetto a diverse condizioni che possono verificarsi in caso di terremoto: dal danno agli impianti e alle parti non strutturali che può compromettere l'immediato uso, al danno più grave, che comunque richiede tempi di ripristino più lunghi, fino alla possibilità di crollo. Rispetto a tali condizioni, le norme danno dei criteri e delle regole da rispettare affinché esse non si verifichino per diversi livelli di intensità del sisma, commisurati ad una probabilità più o meno elevata che tale intensità possa verificarsi in una certa zona. È ovvio che si potrà accettare un danno lieve per terremoti più frequenti, e quindi di più bassa intensità, mentre si vorrà evitare il crollo per terremoti più rari, ossia terremoti che mediamente si verificano ogni 500-1000 anni o anche più, così che la condizione che determina il crollo sia estremamente improbabile. Però è da chiarire che la sicurezza è un concetto probabilistico e che, pertanto, la sicurezza matematica al 100% non esiste. D'altra parte tutti i giorni noi assumiamo, più o meno consapevolmente, dei rischi, da quelli più probabili (ad esempio quello del piccolo incidente in casa o al lavoro, in auto o in moto) a quelli meno probabili (ad esempio quello della caduta di un meteorite o di un satellite sulla nostra testa). Quel che importa è rendere quanto più improbabile il crollo o comunque l'incidente che può avere conseguenze rilevanti per l'uomo. La calibrazione delle probabilità per incidenti che possano avere conseguenze economiche è, invece, una questione di bilanciamento tra i costi immediati di messa in sicurezza e i costi di lungo termine determinati da eventi più o meno probabili".



Nel caso in cui le mappe di pericolosità sismica dovessero essere ulteriormente aggiornate su livelli di rischio più elevati, si dovrebbero ritoccare nuovamente le norme e il costruito ?
"Le mappe di pericolosità attuali sono oramai abbastanza consolidate, nel senso che è improbabile che si abbiano clamorosi cambiamenti derivanti da studi futuri. Accanto a ciò occorre tener conto che le norme tecniche tendono ad assicurare margini aggiuntivi di resistenza che possono supplire, ovviamente entro certi limiti, a variazioni dell'intensità delle sollecitazioni cui sono sottoposte le strutture. Di ciò si hanno dimostrazioni evidenti dall'analisi dei danneggiamenti prodotti dai terremoti su costruzioni non progettate in zona sismica (si pensi ai numerosi edifici non o poco danneggiati dal recente terremoto, anche se non progettati con criteri antisismici).
Tali margini dovrebbero consentire di riassorbire gli eventuali incrementi delle azioni sismiche di progetto conseguenti ad una rielaborazione delle mappe di pericolosità. Il risultato sarebbe comunque una presa di coscienza di una probabilità leggermente maggiore di danno o crollo dell'edificio in esame.
In realtà il vero problema è quello degli edifici storici o semplicemente vecchi, spesso rimaneggiati da interventi di ristrutturazione funzionale e impiantistica, degli edifici costruiti male, con materiali scarsi o inadatti, che rivelano tutta la loro inadeguatezza non appena si verifica una scossa violenta".







Patrizia Calzolari