(Fonte foto: profilo Facebook Anbi Nazionale)

La siccità è un problema di tutta l'Europa

Mentre tutto il continente soffre e si prepara al peggio, con Francia e Spagna che corrono ai ripari, in Italia si evidenziano le cause strutturali alla base dell'emergenza: per il futuroo, dice Vincenzi di Anbi, bisogna investire

Mentre siamo in attesa delle misura governative di contrasto alla siccità, come la nomina del commissario e il piano di razionamento al Nord, in Italia si spera nell'arrivo delle grandi piogge primaverili, nella speranza che possano rimpinguare le riserve.

Cronaca di una calamità annunciata
Intervistato dal Fatto Quotidiano, il presidente dell’Anbi Francesco Vincenzi ha detto che con l’attuale siccità l'Italia sta subendo “la crisi climatica più importante degli ultimi anni”: siamo entrati nel secondo anno consecutivo di piogge scarsissime. “Fino al 2000 - spiega Vincenzi - contavamo un anno di siccità ogni 10, più o meno, mentre dal 2000 a oggi abbiamo contato 9 anni di siccità”. La situazione oggi è del tutto emergenziale, pur essendo costante - tanto che il ministro della Protezione civile Musumeci, intervistato dal nostro giornale, è arrivato a descriverla come una “emergenza strutturale”. Definizione solo apparentemente paradossale, che illustra le profonde cause infrastrutturali all’origine di questa calamità. Perché già nel 2017 e nel 2019 durante i mesi autunnali e invernali aveva piovuto pochissimo, soprattutto nel bacino padano. I segni c’erano tutti. Oggi di diverso c'è che non abbiamo potuto contare su un anno piovoso a intervallare quelli riarsi, trovandoci di conseguenza con tutti i grandi bacini al minimo storico, incluso quello del Po - “che mai avremmo immaginato potesse trovarsi carente”, spiega Vincenzi al Fatto. Di fronte a una tale calamità bisognava investire già molto tempo fa per il trattenimento dell’acqua. “Lo dicono i dati”, illustra Vincenzi: “Altri Paesi del Sud Europa hanno fatto molto di più: in Spagna e Portogallo negli anni 80 e 90 si è passati da una capacità di trattenere il 7-8% dell’acqua piovana a quasi il 40%. Noi abbiamo una media nazionale dell’11%: meglio al Sud, ma in alcune regioni del Nord siamo al 5-6%.”

Stessa crisi in Europa
Lasciando per un attimo da parte la crisi climatica, che comunque è la causa di tutto, la soluzione alle problematiche infrastrutturali potrebbe essere molto pragmatica: bisogna semplicemente investire di più. In questi ultimi giorni altri Stati europei si stanno muovendo più velocemente dell’Italia per fronteggiare la siccità. In Francia, nonostante le piogge degli ultimi giorni, il ministro per la Transizione ecologica Christophe Béchu ha invitato i prefetti a non indugiare rispetto a eventuali decreti di restrizioni idrica. Anche in Catalogna sono state approvate nuove misure riguardanti agricoltura, industria, irrigazione di zone verdi e usi ludici, per ridurre del 40% i consumi nell’agricoltura, del 15% nell’industria e del 10% nelle abitazioni. Preoccupano soprattutto le condizioni di Danubio e Reno, della Germania meridionale e della Grecia intera.

Siccità destinata a peggiorare
Al di là delle problematiche infrastrutturali, secondo il climatologo del Cnr Antonello Pasini, intervistato da La Repubblica, la siccità in Europa è addirittura destinata ad aumentare. “Se osserviamo quanto accaduto in Europa finora, è chiaro che se continua ad aumentare la temperatura ci si aspetta un continuo impoverimento di umidità del suolo. Questo perché aumentano due fattori: l’evaporazione dal suolo stesso e l’evapotraspirazione delle piante”. Questo significa che pur con le stesse piogge del 2022 l’acqua disponibile nel corso del 2023 è comunque minore. “In più c’è il fatto che l’Europa risente sempre più spesso del cambio di circolazione: ci sono stati tanti anticicloni africani, che portano un generale aumento delle temperature, e addirittura questo inverno quando si ritirava l’anticiclone dell’Africa è arrivato quello delle Azzorre che noi avevamo abitualmente solo in estate. Tutti questi cambiamenti portano a minori piogge e maggiore siccità”. Nonostante la situazione sia al momento molto complicata, non si sa ancora come andrà la prossima estate. Secondo l’esperto, è difficile a dirsi: “Speriamo nella primavera - azzarda Pasini - ma i dati ci dicono che se partiamo da una situazione già complessa ci vuole poco per spingersi in una condizione ancora peggiore”.

Le soluzioni sono possibili
Il presidente dell’Anbi Francesco Vincenzi, durante la stessa intervista al Fatto, ha detto che per contrastare la siccità nell’immediato dovremmo partire dal livello culturale, aumentando “la conoscenza e la coscienza di tutti nell’uso dell’acqua”, evitando dispersione. “Tutto il resto richiede tempo - ammette Vincenzi - ma dobbiamo subito iniziare a risparmiare”. Bisogna adeguare gli impianti, efficientare, agire subito dove si può agire, diffondendo per esempio i sistemi per ridurre del 25% l’utilizzo dell’acqua sulle colture. E poi nei prossimi anni dovremo migliorare la rete, evitare situazioni “imbarazzanti” come i comuni serviti con le autobotti. Sono le stesse proposte già citate in questi giorni: migliorare nell’utilizzo di acque reflue, aumentare la capacità di invaso al 40%, insistere nel Piano Laghetti. Tutte le associazioni concordano: servono soldi per realizzare questi cambiamenti - ma per una volta i soldi ci sono. “Il vero tema è spenderli”, spiega Vincenzi, perché durante un’emergenza servono tempi certi. “Oggi solo l’iter autorizzativo implica dai 5 ai 7 anni. Si deve avere il tempo di scegliere i progetti migliori, ma per farlo bisogna snellire i processi d’autorizzazione”. In questo senso il presidente di Anbi plaude alla scelta del governo di istituire una cabina di regia interministeriale e un supercommissario.

Investire per il futuro
Tutto questo però non va visto nell’ottica di costi ma di investimenti. Secondo i dati del Cnr, in Italia tra il 6 e il 15% degli italiani vive in territori esposti a siccità. D’estate circa 3,5 milioni di persone rischiano di rimanere senz’acqua. Nel 2022 la siccità in agricoltura ha creato danni da 6 miliardi di euro. In luglio si sono fermate le centrali idroelettriche e a gas. Stiamo parlando di uno sfacelo. Ma, come dice Vincenzi, se investissimo un miliardo all’anno, potremmo fare tutto il necessario in dieci anni. Una nota positiva in questo panorama buio arriva dalla Romagna, dove la diga di Ridracoli, sull’Appennino tra Forlì e Cesena, ha iniziato a tracimare. Non accadeva da due anni: ora l’acqua è tornata, grazie a piogge e neve. Sebbene i turisti ora siano attirati dal suggestivo balzo dell’acqua, che assomiglia a una cascata, a essere benefici sono soprattutto i 33 milioni di metri cubi di acqua disponibli, come spiega Tonino Bernabè, presidente di Romagna Acque: “Senza quella scelta visionaria della costruzione di una diga, la Romagna oggi soffrirebbe la siccità come altri territori di questo Paese.” Come sta soffrendo in effetti l’Emilia, in una Regione spaccata a metà dall’arsura del Po.

red/gp

(Fonte: Ansa, Il Fatto Quotidiano, Sussidiaro.net, SkyTg24)