Immagine di repertorio (Fonte foto: Pixabay)

Tempo geologico, tempo tiranno

Il tempo geologico che si misura in millenni, il tempo della protezione civile che pensa al momento e al domani. Di questo parla Furio Dutto nel dodicesimo episodio di Calamitates, una rubrica che ormai si misura in dozzine (come le rose, o le uova)

Con questo episodio si chiude la prima dozzina di Calamitates. Molte cose siamo abituati a contarle per dozzine: uova, rose, ma anche “La sporca dozzina”. Se sono stato piegato per necessità a organizzare le notizie catastrofiche che vi propongo per secoli, pura convenzione al limite dell’inutilità, vorrei pensare almeno per questi contributi a un conteggio duodecimale. Come le uova. Quindi questo contributo è un poco diverso, vi parlo di altre cose che sono inerenti al perché di Calamitates.

Perché esiste Calamitates
Vorrei raccontarvi qualcosa sul perché di questa avventura attraverso la quale, grazie all’ospitalità su Il Giornale della Protezione Civile, cerco di rendere pubblici file ingarbugliati ormai giganteschi, sintesi interrotte e capitozzate ovunque - stufo di rigirare il materiale accumulato negli anni tra cassetti contenenti polverosi ritagli. Tutto nasce dal fascino che ho sempre provato per il tempo. Il tempo geologico, naturalmente, con cui mi sono misurato negli studi, tempo dei ricordi di cui ognuno di noi è prigioniero, il concetto di tempo nella fisica, il tempo passato a rischiare previsioni per il futuro, vizio che l’umanità non riesce a scrollarsi di dosso: il tiranno tempo.

La scoperta del tempo
James Hutton, geologo scozzese nato agli inizi del 1700, è stato il primo che immaginò il tempo geologico come lo percepiamo attualmente. Scrisse poco, ma il suo pensiero è arrivato a noi grazie al libro di un matematico anch’esso scozzese di qualche decennio più vecchio. In Illustration of the Huttonian Theory of the Earth (Dover, 1956) il passato dell’umanità diviene improvvisamente profondissimo, abissale, rompendo gli schemi rigidi con cui venivano raccontati il susseguirsi dei fatti geologici per lo più facendo riferimento alle Sacre Scritture. Ne parla più recentemente Jack Repcheck nel suo L’uomo che scoprì il tempo. James Hutton e l’età della terra (Raffaello Cortina, 2004) di come, grazie al suo straordinario contributo e alle sue visionarie teorie, il nostro passato si ampliò a dismisura e come a questo fatto si leghi una vera rivoluzione culturale che ha avuto un forte impatto su ogni aspetto del nostro pensiero. Bene, nei miei anni di geologo e poi ancor più dopo occupandomi di protezione civile, la dimensione temporale nella quale ho lavorato è stata molto più ristretta: millenni e secoli per la geomorfologia, i decenni, l’oggi e l’incerto domani per la protezione civile. Ciononostante, la ginnastica mentale fatta sulle ere geologiche in più giovane età ha permesso di avere una visione ampia dei problemi affrontati. Ma esiste il tempo? O meglio, come titola un prezioso libro di Stephen Jay Gould La freccia del Tempo (Feltrinelli, 1989), esiste il susseguirsi dei fatti imprescindibilmente verso il futuro un accadimento dopo l’altro come una freccia che scoccata e percorre lo spazio temporale in avanti verso il futuro? Recentemente la fisica ha messo in discussione questo assioma, ad esempio, con Ilya Prigogine (La fine delle certezze, Bollati Boringhieri, 1997) o Carlo Rovelli ne L’ordine del tempo (Adelphi, 2017): nelle equazioni fondamentali della fisica quantistica il “tempo” sparisce e il passato, l’oggi, il futuro non sono in opposizione e spariscono come concetti.

La distanza geografica e la distanza temporale
Ora, più prosaicamente, quando leggiamo un racconto relativo ai fatti calamitosi del nostro lontano passato, dove respiriamo spesso i sapori domestici del narratore, le sue tragedie e le sue vittorie nella vita di tutti i giorni, siamo trasportati là nei luoghi in cui scrive, si tratti di un fatto del VII secolo come del diario cinquecentesco di un ricco modenese che ci racconta dei suoi problemi (bisognerà attendere ancora qualche dozzina di contributi ma ne parleremo). Eppure il susseguirsi del tempo nei nostri racconti di piccoli esseri nell’universo resta imprescindibile. Senza ricordi non abbiamo traccia della nostra identità. Abbiamo già notato come alcuni fatti geograficamente lontani dai cronisti del nord Italia, il Tevere a Roma, il Vesuvio, siano molto rari nelle narrazioni antiche.

Lenta notizia di un terremoto
Ancora nel 1700 le notizie viaggiavano molto lentamente. Le notizie relative al terribile terremoto di Lisbona del 1° novembre 1755, nel libro Voltaire, Rousseau, Kant. Sulla catastrofe: l’Illuminismo e la filosofia del disastro curato da Andrea Tagliapietra (Bruno Mondadori, 2004) viaggiarono molto lentamente, nonostante questa catastrofe sia da considerarsi epocale per la cultura europea. “I dispacci degli ambasciatori e residenti veneziani ci consentono di seguire, sulla mappa dell’Europa, il progressivo diffondersi della notizia del sisma e delle sue conseguenze: il 4 novembre a Madrid, il 23 novembre a Parigi, il 4 dicembre a Londra, il 6 dicembre a Torino, il 9 dicembre a Napoli”. Fu risentito in gran parte dell’Europa e nel solo Marocco provocò 10.000 vittime.

La nuova percezione degli eventi
Molti, come me, erano davanti a un pc l’11 settembre 2001 e abbiamo visto in tempo reale l’attentato alle Torri gemelle e il terribile susseguirsi di quei tragici eventi, oppure il 26 dicembre del 2004 in occasione dello tsunami nell’Oceano Indiano, con le simulazioni pressoché immediate della propagazione degli effetti che furono catastrofici. Ciò ha radicalmente cambiato le aspettative che ognuno di noi ha con le notizie e ancora di più sulla capacità di prevedere gli eventi estremi o il meteo. Grazie allo sviluppo irruente delle nuove tecnologie abbiamo una necessità di informazioni immediate e vogliamo sapere ciò che accadrà sempre con maggior precisione e gli errori non sono ammessi. Ricordare i nostri fatti privati o gli eventi che hanno segnato le generazioni passate sono l’habitat mentale nel quale cresciamo.

La lunga galoppata nei secoli passati che proponiamo con Calamitates può contribuire a una maggiore consapevolezza delle fragilità del territorio e, forse, dare un contributo alla conoscenza delle oscillazioni del clima. Con il prossimo numero proseguiremo la nostra rassegna dei fatti calamitosi.

Furio Dutto

Bio
Geologo alpino, Furio Dutto ha lavorato al Consiglio Nazionale delle Ricerche presso l’Istituto per la protezione idrogeologica del bacino del Po occupandosi di eventi estremi (frane, alluvioni, piene torrentizie, rischi glaciali) e di cambiamenti climatici. Dopo un breve impegno al Dipartimento dei Servizi Tecnici presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha seguito presso l’Autorità di Bacino del fiume Po i lavori del Piano Fasce (PFF) e del Piano per l’assetto idrogeologico (PAI). Successivamente ha diretto la Protezione Civile in Provincia di Torino. Raggiunti i limiti di età per la cessazione dell’attività lavorativa, attualmente è collaboratore associato senior del CNR IRPI di Perugia. Nella sua attività ha partecipato a numerosi progetti europei legati ai rischi ed al miglioramento della resilienza delle comunità. Per ulteriori informazioni o domande inviare una mail a: furio.dutto@gmail.com