(Valnontey. Fonte foto: Bramfab, via Wikipedia)

Fiumi e mari ghiacciati nel IX secolo, la "pioggia di sangue" di Brescia

In questo capitolo di Calamitates, Furio Dutto ci racconta gli eventi calamitosi in Pianura Padana nel IX secolo - intessendoli con i ricordi della sua vita di studioso

Le cronache del IX secolo si aprono con una notizia dell’ambiente alpino di alta quota. Intorno all’anno 800 in Valnontey, nel Gruppo del Gran Paradiso in Valle d’Aosta, viene distrutto il centro abitato di Erfaulet poco a valle dell’omonimo ponte. La causa è da attribuirsi a un parziale crollo del Ghiacciaio di Patrì. I detriti sommersero l’abitato e sono ancora visibili ruderi probabilmente attribuibili all’antico abitato.

In quest’occasione il torrente Patrì fu deviato dall’imponente alluvionamento verso monte, e ora confluisce nel Rio di Valnontey poco distante dal ponte di Erfaulet. È una delle più antiche notizie relative a eventi glaciali di instabilità che oggi sono divenuti di preoccupante attualità. L’ambiente di alta montagna è estremamente sensibile e fragile rispetto alle variazioni dovute all’innalzamento delle temperature, vedi repentina attuale discesa della quota della linea di permafrost e il crescente aumento dei fenomeni di instabilità in alta quota. Era il luglio del 1989 e lavoravo al Cnr: giunse la notizia del crollo sulla nord del Monviso di una porzione del Ghiacciaio di Coolidge. Con Gianni, l’amico di tante avventure, partimmo – e ricordo ancora le spericolate manovre dell’elicotterista per depositarci su un esiguo lembo di colle ghiacciato. Indimenticabile lo spettacolo che si aprì ai nostri occhi. Fu l’inizio di un filone di ricerca relativo agli effetti del riscaldamento globale in alta montagna. Il mio primo figlio nacque per buona creanza il giorno dopo il mio rientro in città – non divorziai – e anche questo rende l’evento indimenticabile.

Riporto una colorita descrizione relativa all’anno 814 tratta da Chronicon Romanorum: “Imperrochè in Italia nella Città di Brescia piovè tre giorni sangue dal Cielo; e fuori di stagione, cioè nel verno, furono coruscazioni, e tuoni, e saette di fuoco, che danneggiarono massimamente la Città di Roma. Ma in Francia locuste innumerabili apparvero, le quali aveano sei ale, e sei piedi, e due denti si come ferro durissimi. Queste venendo verso mezzo giorno, con molto romore volavano; e tenea la loro schiera in lungo una giornata, e tre o quattro miglia di larghezza. Tutte le cose verdi dell'erbe, e degli alberi divorarono; e pervenute al mare Brittannico, e sollevate dal vento Austro, e nel mezzo del camino combattute da Choro, si sommersero nel mare: & essendo ributtate dall'onde ai lidi del mare Gallico, con incredibile puzza infettarono l'aria; e seguì tanta mortalità di uomini, e di bestie, che appena la quarta parte dell'anime viventi sopravanzò in Francia. Nel fine del quarto anno dell'Imperio di Lodovico dopo tutti i sopradetti segni…

L’anno 820 fu anno di grandi inondazioni in pianura padana e nel Nord Est del Paese. La città di Feltre fu semidistrutta e spopolata dalle piene del torrente Sonna e dai tutti i corsi d’acqua del bacino del Piave. Gli effetti, costanti per quei secoli, furono di una grande carestia e di una terribile pestilenza che divenne micidiale per numero di vittime nel 824. Il Vescovo Amato si distinse secondo le cronache dell’epoca per carità e sacrificio. La media pianura padana fu interessata altresì nella primavera da dirotte e continue piogge che distrussero i raccolti e la popolazione si trovò in una carestia feroce. A dar seguito alla notizia del 822 riportata nel Corpus Chronicorum Bononiensium, c’è poco da lamentarsi delle attuali dimensioni della grandine che ultimamente ha tenuto banco sulle prime pagine dei mesi passati. “Uno piezo de gliaza chade Da zielo. In questo anno del mese de giugno, nel contado de Augustuduno (Autun Francia), citade de Gallia, venne grandissima tempesta da ciello. Et tra l’altre cadde da ciello uno pezzo de gliazza longo xv piedi, largo vii piedi, grosso doe piedi.” Medesima notizia, con una datazione più approssimativa, nei primi decenni del secolo, è riportata da Riccobaldo, cronachista vissuto a Ferrara tra XIII e XIV secolo: “Ante Solstitium æstivum, orta tempestate, cecidit, fragmentum glaciei, cujus latitudo fuit sex pedum, longitudo quindecim, altitudo duorum”. Che fosse un anno particolarmente freddo lo dimostra anche il congelamento del Po, fatto non così usuale.

Tra 830 e 840 vi furono numerose alluvioni in Valsesia. In un periodo non precisato del 846 pioggia rossa per tre giorni e tre notti nel territorio di Brescia. Nel Corpus Chronicorum Bononiensis venne detto “piovve sangue”. Interessante per tempi così remoti la notizia relativa a una frana: “Bramoso poscia S. Moderanno di vivere in solitudine il rimanente dei giorni suoi, rinunziò il Vescovado, e venuto al Monistero di Berceto vi terminò la vita il giorno 22 di Ottobre del 730, rimanendovi il suo corpo in grandissima venerazione. Oltre a cento venti anni perseverarono i Monaci sicuramente in quel luogo, come vedremo, sin a tanto che la ruina del monte, su cui era posto il Monister, non li costrinse ad abbandonarlo” (Affò). In realtà vi sono notizie relative a questo fenomeno anche in anni successivi: 851 e 866, facendo pensare a un progressivo peggioramento del fenomeno franoso. Nell’anno 858 vengono segnalate grandi piene di Tevere e Po verso la fine dell’anno (nel Sagittario!).

Un anno veramente freddo fu l’859. Braun in una pubblicazione del Cnr del 1934 riporta la notizia da antiche cronache. Si narra che il freddo fu tale da ghiacciare l’Adriatico almeno nella zona Friulana. Le locuste distrussero i raccolti in Lombardia nell’873. L’anno successivo, 874, è ricordato per una grande nevicata nel Bergamasco da inizio anno sino all’equinozio di primavera: “…onde havendo impedito alli huomini l’andar a boschi a provedersi di legne, molti, & molti morirono di freddo, come pur seguì in gran quantità d’animali. I fiumi maggiori s’agghiacciorno, & la nostra patria ne restò notabilmente oltraggiata”. 

De Morani, cronista di Casale Monferrato, cita “stupende innondazioni” nel mese di maggio dell’876. Abbiamo già parlato, in un contributo di Calamitates di aprile 2023, dei Lavini di Marco, enorme frana che accadde in Trentino nell’883. Nei mesi di maggio, giugno e luglio dell’886 piovve ininterrottamente. Così descrive Mori, autore di Parma di inizio ‘900: “Nei mesi di maggio, giugno e luglio, giorno e notte senza interruzione venne dal cielo tanta pioggia da non ricordarsi dai più vecchi essere mai venuta in tanta quantità. Laonde i fiumi, usciti dai loro alvei in molti luoghi, distrussero i raccolti. Anche il Po, allagando in varie località, produsse i medesimi danni”. L’889 fu molto piovoso con inondazioni, grandine e carestia nella bassa padana.

Furio Dutto

Bio:
Geologo alpino, Furio Dutto ha lavorato al Consiglio Nazionale delle Ricerche presso l’Istituto per la protezione idrogeologica del bacino del Po occupandosi di eventi estremi (frane, alluvioni, piene torrentizie, rischi glaciali) e di cambiamenti climatici. Dopo un breve impegno al Dipartimento dei Servizi Tecnici presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha seguito presso l’Autorità di Bacino del fiume Po i lavori del Piano Fasce (PFF) e del Piano per l’assetto idrogeologico (PAI). Successivamente ha diretto la Protezione Civile in Provincia di Torino. Raggiunti i limiti di età per la cessazione dell’attività lavorativa, attualmente è collaboratore associato senior del CNR IRPI di Perugia. Nella sua attività ha partecipato a numerosi progetti europei legati ai rischi ed al miglioramento della resilienza delle comunità. Per ulteriori informazioni o domande inviare una mail a: furio.dutto@gmail.com