(L'attuale tratto del fiume a Castelsangiovanni)

La terra buona nel X secolo, "le vacche deformi e la cometa crinita"

Furio Dutto, nel suo excursus nella storia calamitosa delle campagne padane, ci racconta come le trasformazioni idrografiche del Po e dei suoi affluenti nel X secolo resero la pianura la fertile terra agricola che conosciamo oggi

Scarse sono le notizie sinora raccolte per il X secolo. Curiosamente questo secolo è ricco di testimonianze sulle trasformazioni e sulle imponenti divagazioni dei fiumi padani quanto povero di notizie strettamente legate a fatti calamitosi.

Apriamo con un cenno sullo stato di gran parte del territorio della pianura del Po. Affò, storico parmense, ci rammenta che se “al decimo o nono secolo dell'Era nostra comune soltanto vogliasi rimontare, e richiamar a disamina la qualità del territorio Parmense, lo vedremo fin presso la Città stessa così largheggiar di paludi”. È grossomodo in questo secolo che inizia l’opera di trasformazione del territorio in terra buona per l’agricoltura dei monasteri Benedettini che culminerà poi nei secoli successivi sotto la spinta dell’insorgere di un deciso optimum climatico responsabile di un accentuato sviluppo demografico. Più bocche da sfamare più necessità di terre da coltivare.

Ma l’instabilità dell’assetto morfologico dei fiumi e la fragilità delle sporadiche e non curate opere di difesa permasero ancora per parecchi secoli, come vedremo. Biscaccia, storico ottocentesco del territorio di Rovigo, riporta di una catastrofica rotta, che modificò nei secoli a venire l’andamento dell’Adige: “Ma a questa tremenda rotta (589) altra se ne aggiunse del 900 che riuniva ed accresceva le aque, ed in quella occasione gli abitanti (di Rovigo) formarono, da un ramo di esso, l'alveo presente conducendolo, rizzandolo; onde pel forte discorrimento, e con l'ajuto delle braccia fu tracciata la via. I padri nostri chiamarono questo nei vecchi istromenti Athèsis per differenziarlo dall'Adige, che per distinguerlo, lo chiamarono Flumen Vetus.”

Il 906 fu un anno di eccezionali piogge soprattutto primaverili che furono causa di ripetute inondazioni. Le notizie raccolte non permettono di essere più precisi sui luoghi interessati. Sempre a riguardo degli sforzi di immaginazione che dobbiamo fare per cercare di comprendere quale fosse lo stato delle campagne in epoche così lontane riporto una considerazione di Romani, storico emiliano: “Nel primo secolo dell’era nostra erano ne’ tempi autunnali o almeno vicini all’inverno questi paesi inondati dal vicino fiume Po, che, non frenato dagli argini così detti maestri, invadeva in tempo di piene le parti più depresse di queste campagne. ma fa d’uopo il dire che anche sotto questo secolo non fossero peranco le nostre campagne intieramente garantite dalle ordinarie incursioni del predetto fiume, giacchè troviamo che sotto l’anno 924 la vicina Sabbioneta, che posta al levante di Casalmaggiore è al presente distante da circa 4 miglia dal Po, era in allora riguardata come adiacente a detto fiume; ciò comprovasi dal diploma di Rodolfo figlio di Ricardo re XIV di Borgogna del dì 6 ottobre di detto anno, col quale fece dono ad Ercardo, vescovo di Parma, la corte di Sabbioneta… Né di ciò si meraviglino i moderni, perché, come già dimostrammo altrove, tutta la vasta estensione della gran valle interposta tra i territorj di Casalmaggiore, Sabbioneta e Viadana, erano ne’ remoti tempi paludi del Po, come tali erano del fiume Oglio le attuali campagne del Bondeno casalasco e mantovano, e le così dette basse di San Matteo, i quali due fiumi in que’ tempi avevano il loro confluente in poca distanza da Viadana.

Il 941 fu un altro anno interessato da numerose inondazioni a causa dello scioglimento delle nevi in primavera e per le notevoli piogge in autunno. Il Poggiali, storico piacentino, riporta in una sua nota relativa all’anno 943: “Mentre si sa, che quantunque oggi Roncarolo si trovi di quà del Po, nondimeno pel mutato corso del Po con vari tagli, può essere, che tutta la terra di Roncarolo, o parte di essa altre volte situata fosse oltre Po, nella maniera, che le Caselle de' Conti Landi, poste dianzi di quà, ora sono di là del medesimo fiume.”

Cecondo Bocchi, nel terzo suo volume negli Annali Veneti, descrive una rotta avvenuta lungo l’Adige verso il 950: “Intorno la metà del secolo decimo altra formidabile rotta dell'Adige successe alla villa del Pizzone, ove poi sorse Badia. Dopo molti anni furono raccolte le acque in quell' alveo che si disse Athesis, a differenza dell'altro (Fossa Chiróla, v. s.) che si addomandò Adige vecchio, Fiume vecchio o, senz' altro, Fiume. Quell’Athesis poi, man mano regolato e rimpicciolito, solo nel 1519 cominciò a dirsi stabilmente Adigetto.” Si tratta probabilmente del medesimo fatto riportato per il 900 da Bisaccia. La datazione rimane incerta ma collocabile verso la metà di questo secolo. Nel 974 secondo Niccolio, fu anno di “vacche deformi e di una cometa crinita a settembre”, che fu causa “di terribili terremoti dagli effetti mostruosi de’ quali non poterono restare esenti Massa Campiglia, Gavello, Adria, & il Castel Rodigio”. Una interessante notizia è riportata da Romani storico ottocentesco parmense. Nel 983 il Po scorreva vicino a Colorno a qualche km da Parma indirezione di Casalmaggiore. Così descrive il territorio che ha subito straordinarie variazioni per il divagare dell’alveo di Po e per le migrazioni delle confluenze dei suoi tributari appenninici in questo tratto: “… nell'anno 983 scorreva il Po in molta vicinanza a Colorno … i fiumi secondarj di Lorno, Parma ed Enza sarannosi scaricati in Po, da esso tre o quattro miglia più distante di quello facciano al presente. Questa mia congettura prende una gran forza dal considerare che Colorno anticamente chiamavasi Caput Lorni o Lumi, perchè quella terra era situata nel luogo ove il vicino fiumicello metteva capo, volgarmente detto cò, nel Po. Per analogia si può presumere che per la stessa ragione fossero denominati Co-Parmio e Co—enzo, come situati in luogo, ove i fiumi Parma ed Enza avevano le foci loro. Dunque dalla parte interna del territorio di Sacca, e dall' esterna delle ville di Colorno, di Coparmio e di Coenzo si può concepire la vetusta direzione del Po, il cui corso in que' tempi doveva essere assai lontano dalla nostra spiaggia e da quelle di Cicognara e di Cogozzo al meno per due miglia.” La notizia è avvalorata da altra fonte in cui si riporta che in quell’anno San Simone eremita andò a Colorno a prendere la barca con cui discese lungo il Po per raggiungere il suo remitaggio al Polirone ora in San Benedetto Po. Nel 992 vi fu una grande penuria di cibo causata da inondazioni e nel 994 secondo Sicardi, cremonese, vi fu un forte terremoto le cui scosse durarono più di 10 giorni. Si chiude questo secolo con le numerose testimonianze sulle trasformazioni idrografiche del Po e dei suoi affluenti, trasformazioni che anche nei secoli successivi hanno prodotto catastrofiche mutazioni con sovente oltre alla perdita di territori coltivati, e la relativa acquisizione di nuovi incolti, era causa di distruzione di centri abitati. Avremo occasione anche in seguito di riportare alcuni di questi fatti.

Furio Dutto

Bio:
Geologo alpino, Furio Dutto ha lavorato al Consiglio Nazionale delle Ricerche presso l’Istituto per la protezione idrogeologica del bacino del Po occupandosi di eventi estremi (frane, alluvioni, piene torrentizie, rischi glaciali) e di cambiamenti climatici. Dopo un breve impegno al Dipartimento dei Servizi Tecnici presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha seguito presso l’Autorità di Bacino del fiume Po i lavori del Piano Fasce (PFF) e del Piano per l’assetto idrogeologico (PAI). Successivamente ha diretto la Protezione Civile in Provincia di Torino. Raggiunti i limiti di età per la cessazione dell’attività lavorativa, attualmente è collaboratore associato senior del CNR IRPI di Perugia. Nella sua attività ha partecipato a numerosi progetti europei legati ai rischi ed al miglioramento della resilienza delle comunità. Per ulteriori informazioni o domande inviare una mail a: furio.dutto@gmail.com