Fonte Alan Barberini

Mare Nostro tropicale - intervista a Alan Barberini, cooperativa Ulisse

In 10 anni c’è stato un peggioramento della pesca delle cozze selvagge. Tra le cause il timore che le acque dolci che entrano in mare siano inquinate, il riscaldamento dell’acqua marina, l’arrivo di specie aliene ma anche alcune mareggiate che a metà luglio portano alla perdita dell’80% del prodotto

Alan Barberini gestisce insieme al padre una società di raccolta delle cozze selvagge di Ravenna, dal nome mitico: Ulisse. Le cozze vengono stoccate a bordo della barca Moby Dick.

Di cosa ti occupi insieme a tuo padre?
Noi facciamo parte delle due cooperative che a Ravenna si occupano della raccolta delle cozze nelle piattaforme di Eni. Prendiamo le cozze attaccate ai piloni e ogni giorno facciamo circa 15 quintali per ciascuna delle nostre 8 barche. La raccolta avviene nella stagione primaverile-estiva a partire da aprile fino a settembre. Questo perché la cozza selvaggia di Ravenna non è allevata, cresce spontaneamente e noi rispettiamo il suo ciclo di riproduzione. 

Rispetto a 10 anni fa in termini di produzione avete notato un miglioramento o un peggioramento?
Abbiamo avuto un peggioramento abbastanza netto. Siamo gli unici in Italia a raccogliere le cozze dalle piattaforme, non abbiamo uno studio, ma tra di noi pensiamo che sia cambiato l'afflusso di acque dolci che vanno verso il mare (le cozze si nutrono dei microorganismi che ci sono nell'acqua dolce) l'acqua che viene dai fiumi con i suoi microorganismi. C'è chi dice che l'acqua contenga meno fitofarmaci di una volta e chi dice che ne contenga di più. E poi l'altro aspetto è il riscaldamento dell'acqua, un dato che notiamo per esperienza dato che siamo tutti subacquei. 

C'è un evento estremo che negli ultimi anni ha stravolto la raccolta delle cozze?
Quattro o cinque anni fa di punto in bianco nell'arco di tre giorni sono morte tutte le cozze dalla superficie dell'acqua fino a 3 metri e mezzo di profondità in un'area vasta, sia nelle piattaforme che nelle dighe e finora nessuno sa perché sia successo. Pensiamo che sia stato qualcosa nell’acqua che è scesa dal Po che le ha uccise. Qualche sostanza che non doveva esserci, presente in quantità elevate.

E a livello meteorologico?
Negli ultimi dieci anni si ripete un fenomeno: a luglio l'acqua è talmente più calda rispetto a prima e il meteo porta eventi più marcati rispetto a prima che arriviamo a perdere tutte le cozze che non siamo riusciti a mettere in sicurezza come lavoro. E lo strato di cozze attorno a un palo a luglio è molto voluminoso. Questo accade perché arriva una mareggiata talmente forte che porta via tutto. Cadono centinaia di tonnellate di prodotto che noi non abbiamo raccolto e muoiono. Ciò avviene per due motivi: per il forte maltempo e per l'acqua calda del mare che indebolisce le cozze. Le perdite riguardano 60 piattaforme alte come dei palazzi e sono pari all'80% del prodotto.

Quale soluzione avete trovato?
Abbiamo cercato di lavorarle e raccogliere il prodotto prima, però chiaramente dipende dal mercato perché noi usciamo in base alle richieste dei commercianti. Raccogliamo solo il prodotto che vendiamo. Ai centri di depurazione che lavorano con noi viene chiesto un determinato quantitativo giornaliero di quintali che poi viene suddiviso sulle otto barche che singolarmente vanno a raccoglierlo. Semplicemente lavoriamo con quelle che si salvano dalla mareggiata.

Tuo padre fa il tuo stesso lavoro, che cosa dice a proposito? Succedeva anche prima?
No, dice che non succedeva mai e ricorda che un tempo le cozze si facevano dal livello dell'acqua fino al fondo, 20-25 metri. Adesso invece sotto i 13-14 metri non si fa più. 

Avete mai pensato che si tratti di fenomeni legati alla crisi climatica?
Sì ne parliamo, soprattutto del riscaldamento dell'acqua. Sicuramente è una delle cause del calo di produzione insieme alla comparsa delle noci di mare (Mnemiopsis leidyi) che prima non c'erano. Sono delle meduse che si nutrono di microorganismi come lo stato larvale delle cozze. Prima vivevano nelle acque più calde. 

Leggi qui l’articolo di approfondimento principale: 


Claudia Balbi