Il premier Giuseppe Conte (Fonte foto: Governo)

Emergenza alimentare, i criteri di ripartizione dei 400 milioni ai Comuni

L’80% del fondo sarà distribuito in base alla popolazione, e l’altro 20% si concentrerà nelle zone più povere in base al parametro della distanza fra il reddito pro capite del Comune e quello medio nazionale

Arriveranno entro martedì 31 marzo i 400 milioni di euro destinati ai Comuni per finanziare i buoni spesa e fronteggiare l’emergenza alimentare. La tempistica è scritta nella versione definitiva dell’ordinanza della Protezione Civile, che fissa anche i criteri di ripartizione delle risorse. L’80% del fondo sarà distribuito in base alla popolazione, e l’altro 20% si concentrerà nelle zone più povere in base al parametro della distanza fra il reddito pro capite del Comune e quello medio nazionale. A Roma sono andati circa 15 milioni, meno del 4% del totale, a Milano invece 7,3 milioni, l’1,8% del totale.

L’ordinanza non fissa al momento il valore del buono: ma con 400 milioni di euro dovrebbe avvicinarsi a una media di 400 euro, dal momento che i calcoli svolti su una prima ipotesi da 300 milioni parlavano di 300 euro. Evitare di indicare l’importo nel provvedimento pare comunque una scelta saggia, perché permette ai Comuni di agire con più flessibilità modulando le risorse disponibili. La prova per le amministrazioni locali non è semplice: i buoni spesa potranno essere acquistati direttamente, con una deroga al Codice degli appalti che permette di accelerare parecchio. Ma è inevitabile che per acquisto e individuazione delle famiglie da aiutare ci vorrà almeno qualche giorno.

Le risorse per i buoni spesa sono tutt’altro che infinite, ma per sostenere le Casse comunali interviene la seconda mossa. Da 4,3 miliardi. Queste non sono risorse aggiuntive, ma un’anticipazione del Fondo nazionale dei Comuni (il nome, “Fondo di solidarietà”, nasce anni fa e non c’entra con l’emergenza, perché riguarda l’aiuto che i Comuni con più risorse fiscali danno agli enti più poveri) che ogni anno vale. L’anticipo è un meccanismo ordinario, che è avviene tutti gli anni. L’anno scorso fu deciso il 20 marzo. Straordinario è il contesto, ed è ovvio che anche questi soldi aiuteranno i sindaci nelle spese emergenziali mentre le Casse si svuotano per l’impossibilità di incassare tributi, tariffe e canoni. Proprio per questa ragione, una parte importante delle risorse servirà alle spese ordinarie della macchina amministrativa che non riescono a essere alimentate dalle entrate proprie degli enti.

Roberto Pella, vicepresidente dell’Anci, tra gli altri, ha mosso delle critiche nei confronti delle misure del governo: «Bene i 400 milioni per la prima fase, ma credo che per dare una risposta più adeguata serva lo stanziamento di almeno 1 miliardo di euro». Dipenderà tutto dai prossimi giorni.

Del resto una paralisi delle amministrazioni per mancanza di fondi sarebbe stato un problema esplosivo sul piano sociale. Perché soprattutto al Centro Sud molti Comuni stanno già da giorni affrontando l’emergenza alimentare con mezzi di fortuna. Con l’aiuto del volontariato. E con lo sforzo straordinario di amministratori locali e dipendenti: uno sforzo, soprattutto negli enti medio-piccoli, inversamente proporzionale al valore di indennità e stipendi.

Il problema ha anche risvolti più ampi di criminalità, così come ha sottolineato Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. «La crisi di liquidità che sta investendo un numero enorme di famiglie rappresenta una formidabile opportunità per la malavita. Ora che molti strati della società hanno perso le loro fonti di reddito in settori costretti alla chiusura forzata, chi ha messo da parte tanti i soldi, a cominciare dai narcos, detiene un potere immenso. Le cosche possono offrire soldi e lavoro a persone che a causa dell’epidemia hanno perso tutto».

red/gp

(Fonte: Il Sole 24 ore, Corriere della Sera)