Stabiae

Dissesto idrogeologico:
le ville di Stabiae a rischio

L'allarme lanciato da Vincenzo Morra, direttore del Dipartimento di Scienze della Terra: "Segnali mostrano l'esistenza di un lento movimento"

A causa del dissesto idrogeologico che interessa l'area a monte del pianoro di Varano, sarebbero a rischio le ville romane di Stabiae, l'antica città campana che, come Pompei, fu sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79. L'allarme è stato lanciato da Vincenzo Morra, direttore del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università Federico II di Napoli e consigliere dell'Ordine dei Geologi della Campania.
Come ha spiegato Morra, "il sito archeologico si trova in una posizione più alta della vicina Castellammare di Stabia", e ci sarebbero "segnali evidenti che mostrano l'esistenza di un movimento lento verso il basso, che mette seriamente a rischio la stabilità dell'intero sito archeologico".

Si tratta di un rischio "ben noto da molto tempo" - ha dichiarato Morra, spiegando che "nell'area, in più momenti, sono stati condotti sulla collina di Varano numerosi studi". Tuttavia, "il quadro conoscitivo non può ritenersi sufficiente con riferimento all'ambito morfologico 'unitario' rappresentato dalla collina di Varano, i cui problemi di sicurezza idraulica e geologica derivano anche dalle condizioni di stabilità dei retrostanti rilievi".

Tre anni fa il Dipartimento di Scienze della Terra, la Soprintendenza Archeologica di Pompei e la Fondazione Restoring Ancient Stabiae hanno proposto alla Regione Campania la realizzazione di un programma di studio per definire i criteri di intervento per la mitigazione del rischio idrogeologico, e garantire così la fruibilità del patrimonio archeologico già portato alla luce e, soprattutto, la prosecuzione delle future attività di scavo ed esplorazione. Ritenendo indispensabili degli interventi di messa in sicurezza dell'intera collina, il progetto "voleva affrontare vari temi che spaziavano dalla geologia di superficie alla geofisica per l'investigazione del sottosuolo passando attraverso la ricostruzione dei paleoambienti con un approccio multidisciplinare" - ha spiegato Maurizio de' Gennaro del Dipartimento di Scienze della Terra. Nello specifico, "gli studi di geologia applicata avrebbero permesso un'attenta ricognizione delle attuali condizioni di criticità geoambientale legate ai fenomeni franosi e da alluvionamento" - ha aggiunto de' Gennaro - "e avrebbero consentito una verifica delle effettive condizioni di pericolosità e rischio idraulico e geologico".

"La parola d'ordine anche in questo caso è la prevenzione"
- ha concluso Morra - "Ma sempre più spesso viene dimenticata".

Redazione