(foto: Emervet)

Animali e catrastrofi naturali: il ruolo dei veterinari d'emergenza

Nasce nel 2017 EMERVET, associazione nazionale di volontariato di Protezione Civile per la tutela dagli animali durante le emergenze e per la formazione di veterinari e tecnici preposti alla loro salvaguardia

"La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali"
 (Mahatma Gandhi)

Che siano compagni delle nostre vite o selvatici immersi nei loro habitat, gli animali sono sempre più oggetto di attenzione e misure di salvaguardia da parte dell’uomo: l’Italia, con la legge 14 agosto 1991, n.281 promuove la tutela degli animali d'affezione, vieta gli atti di crudeltà e l’abbandono, e promuove la convivenza fra uomo e animali tutelando ambiente e salute pubblica.
Il nostro Paese inoltre, è stato il primo al mondo a riconoscere il diritto alla vita e alla salvaguardia degli animali randagi, vietandone la soppressione se non in casi limite e ha introdotto il principio dell'impignorabilità degli animali di affezione o da compagnia e di quelli impiegati ai fini terapeutici o di assistenza.
Di recente (febbraio 2022) gli animali sono entrati a pieno diritto nella Costituzione comparendo ben quattro volte: come animali, come ambiente, come biodiversità, e come ecosistemi nella parte dei principi fondamentali della Repubblica, e con un rimando esplicito alla legge dello Stato che dovrà darne attuazione.

Ma che succede alle bestiole d’affezione o selvatiche o da reddito in caso di terremoti, alluvioni, incendi boschivi o altre emergenze di protezione civile?
Il Codice della Protezione civile (Dlgs 2 gennaio 2018, n. 1) ha esplicitamente introdotto tra le attività da svolgere nelle situazioni emergenziali (non epidemiche), le azioni di soccorso e di assistenza degli animali. Tali attività venivano già svolte dei servizi veterinari anche prima del codice, ma con modalità meno organizzate; in questo modo il codice ha codificato, qualificato e rafforzato i servizi di tutela agli animali.

Nel maggio 2017, per volontà di SIMeVeP (Società italiana di medicina Veterinaria preventiva) e SIVeMP (Sindacato Italiano Veterinari di Medicina Pubblica) è nata l’Associazione Nazionale di Volontariato di Protezione Civile EMERVET, una struttura operativa specializzata nel dare supporto alla componente Veterinaria e di Igiene Pubblica della Funzione 2 del Dipartimento di Protezione Civile.
Finalità di EMERVET è quella di creare una rete resiliente, permanente e diffusa sul territorio pronta ad intervenire con rapidità nei casi di necessità mettendo a disposizione le esperienze e competenze professionali, in sussidio di colleghi che sono attivi nei centri operativi attivati dal livello istituzionale.
L’associazione è aperta a tutti i medici veterinari, di sanità pubblica e liberi professionisti, che condividono l’idea e vogliano dare un contributo concreto, di professionalità e di disponibilità al Paese.
Ne parliamo con Antonio Tocchio, vicepresidente di EMERVET, veterinario dirigente del Servizio Sanitario Regione Veneto, Ufficiale Veterinario del Corpo Militare dell’Sovrano Militare Ordine di MALTA-SMOM e già coordinatore operativo regionale ANC, Associazione Nazionale Carabinieri, intervenuto nelle grandi emergenze quali, ad esempio, i terremoti a L’Aquila e in Emilia e l’alluvione in Veneto.

Come nasce EMERVET?
Emervet è stata fondata dopo l'emergenza del terremoto in Centro Italia in seguito a una precisa volontà espressa da parte di S.i.Me.Ve.P., la Società Scientifica di Medicina Veterinaria Preventiva formata da circa 5000 medici veterinari che operano all’interno del SSN e accreditata presso il ministero della salute per la stesura delle linee guida per tutela della salute umana e animale e della protezione ambientale. Fra gli scopi della Società scientifica c’è anche quello di fare protezione civile, quindi diciamo che si tratta di un’attività a 360 gradi. Da parecchio tempo anche alla Camera dei Deputati si discuteva, seppur in maniera trasversale, del tema del soccorso degli animali, portato all'attenzione soprattutto dalle associazioni di protezione civile. A seguito dei terremoti del 2016, cui seguirono imponenti nevicate che aggravarono la situazione, emersero tutte le problematiche relative alla gestione di animali nel corso delle emergenze e la situazione concorse a portare finalmente all'attenzione questo argomento per poterlo affrontare in un modo sistematico. Io facevo parte di S.i.Me.Ve.P e insieme ad altri colleghi del DPC, discutevamo da tempo, ma solo da “appassionati”, di questi argomenti: a quel punto però ci siamo riuniti per chiederci cosa potessimo fare di più e di concreto per le emergenze veterinarie di protezione civile, vale a dire le emergenze non epidemiche. Anche se i colleghi esperti che si dedicavano alle emergenze erano già perfettamente consci di questa problematica, per la prima volta in tanti anni ci era risultato evidente che la materia non era sviluppata in maniera adeguata, ma si riduceva a produzioni scientifiche di poche persone considerate degli appassionati più che degli scienziati. Quindi ci siamo concentrati per capire quali fossero state le principali criticità emerse durante la gestione dei terremoti in CentroItalia del 2016/2017 e ne abbiamo fatto la nostra base di lavoro.

E cosa avete riscontrato?
Una delle prime evidenze fu la carenza del personale veterinario attivo nelle zone del sisma: nelle aree colpite molti colleghi si sono trovati in difficoltà personali e lavorative aggravate da una viabilità in sofferenza e da condizioni atmosferiche avverse, cose che non facilitavano gli interventi e rendevano la situazione molto difficile in termini oggettivi. Inoltre – e lo dico con molto dispiacere – la stragrande maggioranza degli operatori dei servizi veterinari intervenuti non aveva la più pallida idea di cosa fosse il sistema di protezione civile. Ovvero identificava soltanto i volontari come la protezione civile, mentre in realtà sono una struttura operativa della protezione civile.

Come si diventa veterinari d’emergenza?
Questo era un altro punti dolenti: non esiste al momento in nessuna facoltà italiana di Medicina Veterinaria ma anche di Medicina e Chirurgia, nulla, nessun corso, neanche un complementare, in cui si studi la veterinaria d’emergenza o la medicina applicata alle emergenze non epidemiche.
Ecco quindi che il tema della mancanza di formazione specifica si mostrò in tutta la sua evidenza: decidemmo sin da subito che occorreva fare formazione (che è poi la mission della Società Scientifica di Medicina Veterinaria Preventiva) con appositi corsi, in grado di formare i colleghi che poi sarebbero intervenuti nelle emergenze. Uno degli errori commesso anche nella nostra categoria è stato quello di pensare che la preparazione per le emergenze epidemiche, quindi la gestione delle malattie infettive - che è il nostro lavoro -, desse una preparazione adeguata anche per il non epidemico.
Errore gravissimo. Però è questo il messaggio che è passato.
Quando operi in uno scenario di calamità, prima cosa devi essere preparato a ciò che ti trovi di fronte, secondo non devi perdere la testa, terzo devi ragionare anche per gli altri perché altrimenti non si va avanti. In emergenza anche le iper-specializzazioni si possono far valere fino a un certo punto perché quando c'è un da dare un soccorso va dato erga omnes.
Ci siamo resi conto che manca anche la consapevolezza che “l'unico volontario soccorritore utile è quello sano”, vale a dire che non ha senso partire come volontario sull’onda di una spinta emotiva, ma devi essere anche a posto fisicamente, avere l'attrezzatura adeguata, i DPI adeguati, ecc.
Molti pensano che dormire nella tenda di un campo di accoglienza sia come andare in campeggio, ma è una cosa ben diversa. E quindi la formazione sull’operatività in emergenza per noi era un obiettivo fondamentale da perseguire, perché purtroppo la nostra categoria è ancor molto carente in questo senso. Ed è su quello su cui ci siamo concentrati e su cui stiamo lavorando con impegno e professionalità.



Che differenza c’è fra la cura di un animale in tempo di pace e il soccorso agli animali in emergenza? 
Nell’immaginario collettivo, rafforzato anche dalla narrazione non sempre corretta dei media, l’attenzione è quasi esclusivamente rivolta gli animali da compagnia, quelli che consideriamo parte integrante delle nostre famiglie, mentre in emergenza gli animali da reddito sono, diciamo, preponderanti, però interessano soltanto chi ne ricava reddito, questa è la grande distinzione.
Ma anche quando si affronta il tema degli animali da reddito, la parte emozionale prevale e il messaggio è spesso fuorviante: ricordo un servizio di un TG realizzato in Umbria dopo il sisma, in cui venivano ripresi dei bovini in mezzo alla neve con commenti compassionevoli riferiti al freddo, ma i bovini, se correttamente alimentati, stanno bene alle basse temperature, è il loro benessere, quindi quella era una comunicazione completamente errata basata solo sull’emozione e su una concezione quasi disneyana della natura.
Il problema non è il freddo, ma se a causa di un terremoto o altra catastrofe non è più possibile alimentare gli animali – perché è di questo stiamo parlando – è preferibile macellarli piuttosto che farli andare incontro a sofferenze ben più grandi.
Gli animali in lattazione, ad esempio, necessitano mediamente 100 litri d'acqua al giorno per una produzione di 30 kg di latte/giorno a seconda delle razze e di circa 30 chili di foraggio oppure 10-15 di mangime secco: se non si è più in grado di sostenere queste produzioni, obtorto collo, è necessario provvedere diversamente per evitare malattie e altre conseguenze che porterebbero agli animali maggiori sofferenze.
Fra l’altro la narrazione distorta spesso causa come conseguenza l’impossibilità di porre in atto interventi in termini di competenza solo per non andare contro l’opinione pubblica.
È vero che nei momenti di emergenza gli animali da compagnia sono certamente un elemento essenziale, di grande aiuto: ho ancora negli occhi le immagini di persone in grossissima difficoltà psicologica, con la casa sventrata, all'addiaccio o costretti a condividere una tenda con altri gruppi familiari sconosciuti, e poter avere con sé il proprio animale era molto importante, ma non c'è solo questo aspetto da considerare.
Affrontare le emergenze in modo professionale anche per un veterinario può rivelare risvolti che, anche se non lo sono, possono apparire contrari a quello che è il comune sentire: non si tratta solo di mettere in campo normali azioni di sanità pubblica, che sono già normate, ma di renderle coerenti con la situazione ed efficaci prendendo decisioni nell’ambito di un processo dinamico con tempi di valutazione del rischio e di azione molto veloci. E questo fa la differenza fra il volontario specializzato e il volontario “generico”.


Perché un'associazione di Protezione civile?
Dopo una attenta disamina delle varie criticità, abbiamo deciso di fondare un’associazione di Protezione civile dedicata, considerando da una parte le tutele che la legge riserva al volontariato prociv, dall’altra, molto importante, la garanzia riservata ai volontari di poter essere mobilitati e operativi in ogni regione italiana. In caso di calamità naturali o antropiche la legge chiama in causa il Dipartimento di prevenzione (struttura della AUSL), sono quindi i servizi veterinari all'interno del dipartimento di prevenzione i deputati alla gestione di queste emergenze.
Dopo la riforma del titolo V della Costituzione, che pone la gestione della sanità, e quindi anche del servizio veterinario, in capo alle Regioni, lo spostamento e l’operatività di un veterinario da una Regione all’altra sono diventati molto problematici, perché se non ci sono specifici accordi fra gli assessorati delle diverse Regioni, la cosa non si realizza.
Così abbiamo cominciato l’iter per l'iscrizione di EmerVet (Emergenza Veterinaria) al registro regionale del volontariato (perché di fatto la nostra è una associazione di volontariato) ma non senza difficoltà.
Devo dire che abbiamo incontrato molti ostacoli di diversa natura, cui si aggiunge il tema delle assicurazioni, che sono obbligatorie e molto costose.
Specifico che gli associati EmerVet non sono solo dei veterinari, ma anche agronomi, tecnici della prevenzione, operatori che possono essere interessati a intervenire in un contesto emergenziale».

Che tipo di formazione avete previsto?
In prima istanza EmerVet ha creato un corso base di protezione civile per operatori del dipartimento di prevenzione, medici, veterinari, e tecnici. Un corso molto intenso, di due giorni, accreditato presso il Ministero della salute, corso che dà diritto a ben 30 crediti formativi ECM (Educazione Continua in Medicina).
Le lezioni sono tenute da funzionari della protezione civile, cioè da persone che operano quotidianamente nel settore e che gestiscono le emergenze, in grado pertanto di dare l'esatta dimensione nella quale il discente andrà a collocarsi.
Abbiamo avuto subito una reazione entusiastica da parte dei veterinari, in molti si iscrissero sia a EmerVet sia al corso perché era un qualcosa di nuovo, poi eravamo freschi dall’esperienza del terremoto in Centro Italia quindi c'era anche un mix di attrazione che funzionava. In seguito abbiamo creato un altro corso specifico sul Dlgs 1/ 2018 (Codice della Protezione civile) e uno sul soccorso degli animali domestici nelle emergenze di protezione civile.
A proposito di quanto dicevamo prima le dico anche che nel corso di soccorso degli animali domestici e da reddito c’è una parte è dedicata proprio all'abbattimento di urgenza degli animali, tenuta da un esperto di bioetica e da docenti universitari, non esperti improvvisati ma professionisti che insegnano e studiano. Purtroppo il Covid ci ha bloccati per un lungo periodo, perché questo tipo di attività non puoi farla a distanza ma devi essere in presenza, c'è una parte esercitativa importante tenuta da veterinari, etologi, comportamentalisti, insomma esperti di alto livello.
C'è anche una versione per volontari chiamiamoli “generici” che potrebbero intervenire in un'emergenza a supporto dei veterinari e di chi opera in contesto emergenziale per il soccorso degli animali.



E in quanto a operatività sul campo?

Abbiamo partecipato ad alcune esercitazioni, di cui una internazionale (K9 SAR CAMP), con un piccolo ospedale veterinario o da campo e il supporto di un nostro socio libero professionista. E ci siamo messi a disposizione per il supporto e assistenza alle Unità cinofile da soccorso con l’impiego di sofisticate attrezzature, come droni e camere termografiche, per la ricerca di persone e animali dispersi sotto le macerie, o in situazioni di alluvione e catastrofi. Siamo pronti a intervenire in qualsiasi momento, non appena sarà completato l’iter di iscrizione all’elenco delle Organizzazioni di  volontariato di Protezione Civile.

patrizia calzolari