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È ancora giusto parlare di Antropocene?

Secondo l'Anthropocene Working Group, la definizione di Antropocene non è ammissibile dal punto di vista geologico. Ma l'impatto degli esseri umani sul nostro pianeta rimane sconvolgente

È arrivata la notizia ufficiale: l’Antropocene non esiste, almeno nel senso geologico del termine. A deciderlo è stata la Subcommission on Quaternary Stratigraphy, commissione che fa parte del comitato internazionale Anthropocene Working Group, che era stata chiamata a stabilire se verso la metà del ‘900, precisamente nel 1952, fosse iniziata una nuova epoca geologica influenzata direttamente dagli esseri umani (da cui il nome Antropocene), interrompendo in questo modo l’Olocene, la corrente epoca geologica in corso più o meno da 11.700 anni.

Il modo in cui si è arrivati a questa decisione è lungo e complesso, e non nega la portata dell’impatto umano sul nostro pianeta. Anzi, per alcuni questa definizione di Antropocene era fin troppo minimale, dal momento che lasciava fuori molti dei cambiamenti planetari causati dall’uomo.

Come siamo arrivati al dibattito scientifico
La proposta di chiamare la nuova epoca geologica Antropocene risale al 2000, suggerita da Paul Crutzen, premio Nobel per la chimica nel 1995. Secondo Crutzen la nuova epoca geologica sarebbe iniziata nel tardo Settecento, con la rivoluzione industriale e la conseguente emissione dei gas serra. Erano state lanciate poi altre proposte, come quella di retrodatare l’inizio dell’Antropocene di 50.000 anni, durante il periodo dell’estinzione dei grandi mammiferi provocata dall’uomo. Un’altra idea era riferita alla misurazione delle microplastiche, che però tendono a diffondersi negli strati rocciosi e quindi non risultano valide per le definizioni geologiche. Da qui nasceva l’idea di far iniziare formalmente l’Antropocene nel 1952, in concomitanza con i test atomici e la diffusione di radiazioni. La proposta intendeva individuare il cosiddetto “golden spike”, “chiodo d’oro” in gergo, che segna una traccia visibile nella sedimentazione rocciosa, nel picco di plutonio effetto di test nucleari riscontrato nei sedimenti del lago Crowford, in Ontario (Canada).

Cos’è il chiodo d’oro
Il chiodo d’oro cui si fa riferimento non è letteralmente un chiodo d’oro, ma una placca metallica scintillante che viene piantata su determinati strati di roccia per indicare simbolicamente un punto che rappresenta il limite fra due piani della scala cronostratigrafica standard globale. Un esempio italiano è il chiodo d’oro conficcato presso la celebre Gola del Bottaccione a Gubbio (PG), che rappresenta l'espressione fisica del limite tra Santoniano e Campaniano, datato 83,6 milioni di anni fa.   


Il chiodo d'oro alla Gola del Bottaccione, (foto di Ispra).

Una definizione poco “rilevante”

Il chiodo d’oro proposto però non ha convinto la commissione: non è abbastanza “rilevante” e “generalizzabile”, non è il “punto di riferimento” richiesto, come ha scritto Massimo Sandal su Lucy: “I geologi dell’Anthropocene Working Group avevano deciso di usare come segnalibro gli isotopi rilasciati dall’esplosione delle bombe atomiche deposti nei sedimenti del lago Crawford, i cui quieti fondali documentano però strato dopo strato i cambiamenti ambientali degli ultimi secoli”. Ma quei “dieci centimetri di fango” che catturano combustibili fossili, fertilizzanti chimici e scorie nucleari dei test degli anni ‘50 non sono stati abbastanza. Come scrive Science, pochi oppositori hanno avuto dubbi sull’enorme impatto che l’umanità sta avendo sul pianeta, inclusa la crisi climatica, ma forse c’è stata troppa fretta per cercare di arrivare a una definizione parziale, che lascia fuori l’impatto dell’inquinamento, delle microplastiche e dell’agricoltura. 

Gli altri impatti umani: il clima e la grande estinzione
Secondo alcuni oppositori della definizione di Antropocene, il lavoro dell’Anthropocene Working Group è stato fin troppo mediatico, e ha puntato troppo sulla rigida categorizzazione di un’epoca geologica, ignorando la possibilità di proposte meno formali. Né le radiazioni né l’inquinamento né le microplastiche sono state quindi abbastanza significative per meritare il chiodo d’oro, definendo in questo modo la nascita di quest’epoca dal punto di vista geologico. Rimane il fatto che, dal punto di vista climatico, l’impatto umano sul pianeta è sconvolgente. “Senza di noi il clima sarebbe stabile”, scrive sempre Sandal: la media della temperatura globale continua a salire, superando sempre nuovi record. E ciò che sta compiendo l’umanità sugli ecosistemi, a partire da 50.000 anni fa e in modo più drastico negli ultimi secoli, sta portando a quella che è diventata inequivocabilmente la sesta grande estinzione di massa, ovvero la più grande estinzione dai tempi dei dinosauri. Allora, 66 milioni di anni fa, a causa di un asteroide venne distrutto il 60% delle specie viventi. L'estinzione peggiore avvenne invece 251 milioni di anni fa, ben prima dei dinosauri, quando morirono più del 90% delle specie. Queste catastrofi, avvenute solo cinque volte nella storia del nostro Pianeta, sono state causate ogni volta da eventi naturali. Stavolta, però, la sesta estinzione di massa è causata interamente dagli esseri umani.

Se tutto questo non ha ancora lasciato traccia nelle stratificazione rocciose, l’impatto che l’uomo sta avendo sugli ecosistemi e sul clima rimane spaventoso. Al di là della definizione geologica, quindi, la parola Antropocene può ancora tornare utile per dare un nome alle conseguenze delle attività umane su questo pianeta.

Giovanni Peparello