Fior di loto (foto: Serena Trivini Bellini - Flickr)

Piante aliene invasive, conoscerle per contrastarle

La prof.ssa Iduna Arduini dell’Università di Pisa ha partecipato a un recente studio per la gestione delle specie vegetali aliene invasive: “occorre consapevolezza dell’esistenza di queste specie e di una regolamentazione che le riguarda"

Un gruppo interdisciplinare di esperti provenienti da diverse istituzioni accademiche e centri di ricerca italiani ha recentemente prodotto un nuovo approccio per gestire l’invasione delle piante aliene, segnalato anche sul sito web della Commissione Europea (section Energy, Climate change, Environment).
Usando l'Italia come caso di studio, scienziati e scienziate hanno esaminato la diffusione attuale e futura di 34 piante invasive, integrando modelli predittivi climatici con dati reali di distribuzione. Sulla base dei risultati ottenuti, le piante sono state assegnate a tre categorie di gestione: eradicazione (per specie con alto rischio di invasione, ma ancora in fase iniziale), controllo e contenimento (per specie già diffuse, ma ancora gestibili) e monitoraggio, per specie già ampiamente diffuse o con impatti incerti. L’obiettivo dei ricercatori è proporre un approccio più efficace nella lotta alle piante invasive, prevenendo danni ambientali e ottimizzando l’uso delle risorse.

Alla ricerca, pubblicata sulla rivista Ecological Indicators, ha partecipato la professoressa Iduna Arduini, docente di botanica del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, alla quale abbiamo posto alcune domande.

Quando è nato l’interesse della scienza nei confronti delle specie aliene?
L’interesse verso le specie aliene è legato alla consapevolezza dell’importanza della biodiversità come valore, codificato collateralmente alla conferenza di Rio sul clima del 1992. In quell’occasione fu sottoscritta una convenzione sulla biodiversità, che include le invasioni biologiche tra i fattori che la mettono a rischio. Dal 2014 esiste una legislazione europea riguardante le invasioni biologiche, volta a prevenire i danni che una specie aliena può provocare all’ecosistema e alla biodiversità.

Esiste una relazione tra diffusione delle specie aliene vegetali e crisi climatica?
La relazione non è diretta: le specie aliene, sia vegetali che animali, sono infatti introdotte dall’uomo, non si sono spostate in seguito a modificazioni climatiche. È l’uomo che, volontariamente o involontariamente, le ha trasportate dal luogo in cui si sono evolute a un’altra area geografica.

In che modo, dunque, il clima può influire?
Le variazioni climatiche possono avvantaggiarle: la specie aliena proviene da un’altra situazione geografica, che può avere un clima differente. La maggior parte delle specie aliene non sopravvive a lungo quando arriva nella nuova area geografica: solo il 10% attecchisce e compie il proprio ciclo. Di queste, un ulteriore 10% si stabilizza, ovvero forma una popolazione. Tra queste ultime, ancora solo un 10% diventa invasiva. Fortunatamente, quindi, solo l’1 per mille di quelle che arrivano diventano invasive. Le variazioni climatiche avvantaggiano le specie che provengono da un clima simile a quello che si sta formando nella regione di arrivo.

Quali sono le conseguenze della loro diffusione sul territorio?
Non c’è una risposta univoca, dipende dalla singola specie aliena. Alcune possono incidere negativamente sulla sua conformazione, soprattutto quelle acquatiche: queste ultime spesso sono le più pericolose, in quanto formano dei “tappeti” sui corsi d’acqua modificando il deflusso, aumentando la traspirazione e, di conseguenza, prosciugando, in alcuni casi, i bacini idrici. Il fior di loto, ad esempio, copre completamente il corso d’acqua, riducendo l'illuminazione per le specie sottostanti e, con la traspirazione, abbassando il livello dell’acqua.

E per quanto riguarda la terraferma?
In questo caso, al contrario, molte specie aliene sono state introdotte proprio per consolidare scarpate e versanti, per esempio l’ailanto e la robinia: queste ultime si adattano efficacemente, crescono velocemente e si sono diffuse negli ambienti naturali, togliendo ovviamente spazio alle specie native.

Cos’hanno in comune le specie aliene?
Ogni specie aliena è diversa, e diverse sono le conseguenze della propria diffusione. In comune hanno l’adattabilità al nuovo ambiente e la capacità di propagarsi rapidamente. Per quest’ultima caratteristica sono state spesso utilizzate per il consolidamento dei suoli. 

Esiste una lista di piante aliene invasive?
La legislazione europea emette periodicamente liste di specie invasive di interesse unionale, che non possono essere introdotte, commercializzate e impiantate. Per i trasgressori sono previste multe e persino pene di detenzione. Il problema è che pochissimi conoscono queste leggi e di conseguenza le rispettano, quantomeno per quello che riguarda le piante. Il problema più grosso delle specie aliene non sono i cambiamenti climatici ma la non conoscenza da parte del pubblico e neanche da parte degli operatori del settore. Questo è attualmente uno dei punti critici, oltre a identificare su quali specie intervenire in un modo e su quali in un altro. Occorre creare consapevolezza, comunicando al pubblico l’esistenza di queste specie e di una regolamentazione che le riguarda: parlo del Regolamento Europeo n.1143 del 2014, recepito in Italia con il Decreto Legislativo n. 230 del 2017.

Lorenzo Arduini