(Fonte foto: Asvis)

Rischio climatico e adattamento delle filiere produttive

All'evento organizzato da Asvis, Fabrizio Curcio, Giuseppina Gualtieri e Marie-Charlotte Montaut hanno spiegato in che modo le filiere produttive devono cambiare per fronteggiare la crisi climatica

La crisi climatica ha modificato il mondo in cui eravamo abituati a vivere. Adesso siamo chiamati non solo a fronteggiare nuove sfide, ma anche a immaginare un altro mondo, un nuovo modo di costruire gli spazi urbani e le filiere produttive. Di questo si è discusso nell’evento organizzato da Asvis (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), dal titolo Rischio climatico e adattamento delle filiere produttive: il caso Emilia-Romagna, che si è svolto a Bologna in Sala Borsa ieri lunedì 19 maggio 2025, moderato da Luca Ponzi, giornalista del Tgr Rai Emilia-Romagna. 

Ricostruire è programmare
Il primo a parlare è Fabrizio Curcio, Commissario straordinario di Governo alla ricostruzione nei territori colpiti dall’alluvione verificatasi in Emilia-Romagna, Toscana e Marche, che sottolinea come questi eventi siano importanti anche come “occasioni di riflessione”.

Curcio comincia il discorso definendo cosa si intende per “ricostruzione”. “Sembra sempre che la ricostruzione sia un momento separato – spiega il Commissario – ci si aspetta che sia qualcosa di straordinario, quasi scollegato dall’attività ordinaria che dobbiamo portare avanti. Invece questi sono temi collegati in modo fortissimo con le attività di programmazione”. La ricostruzione non si svolge in un momento solo, “non si ricostruisce e poi si va via”. Questo, per Curcio, “non ha un senso nemmeno per gli eventi sismici”, quando il crollo degli edifici è visibile, “perché quando si toccano i temi che riguardano il territorio l’attività si integra tra ordinaria e straordinaria”. Questo non è un “vezzo comunicativo – avverte Fabrizio Curcio – ma un modo per interpretare la filiera dello sviluppo sostenibile”. Il Commissario alla ricostruzione cita anche il recente Decreto Legge, che ha unito la ricostruzione per gli eventi alluvionali del 2023 e quelli del 2024, all’interno del quale questo tipo di sforzi è stato inserito all’interno di una filiera ordinaria. Il punto è proprio questo: integrare la straordinarietà nell’ordinarietà, unire lo sforzo straordinario della ricostruzione con l’attività ordinaria della programmazione. “Un domani questo sforzo non verrà tolto” precisa Curcio, ricordando che gli eventi del 2023 e del 2024 hanno eventi di ritorno maggiori ai 500 anni, e che invece sono capitati in meno di un anno e mezzo. A conferma del cambiamento di un mondo che non è più quello a cui siamo stati abituati. Ma come si fa a rendere consapevoli e partecipi di questi sforzi le persone e le strutture locali? 

Serve la sicurezza di poter continuare a vivere
Curcio in questo ha le idee chiare: “Innanzitutto bisogna coinvolgerle”. Nei pochi mesi di incarico da Commissario, Curcio ha potuto notare che le richieste pervenute dalle istituzioni e dai sindaci e dai cittadini sono richieste di sicurezza. E questo è un elemento molto importante, perché che una comunità richieda sicurezza non è scontato. Il tema dei contributi rimane essenziale, ma il Commissario riporta le testimonianze di persone che dicono “io il contributo non lo richiedo nemmeno se non sono sicuro che qui ricostruirò, che qui tornerò a costruire la mia casa, che qui tornerò ad avere un’attività”. Questo è un elemento “quasi innovativo”, che mostra grande maturità nella comunità – una comunità che vuole rimanere presente sul territorio. E a questo si aggiungere l’aspetto comunicativo, l’affidabilità delle “filiere di comunicazione che devono essere certificate a monte”. Questa relazione virtuosa tra cittadini e istituzioni va costruita prima, non durante l’emergenza. Per questo nel DL – che Curcio definisce “lo strumento che ci siamo dati”, a sottolinearne la funzionalità – è stato inserito un piano di comunicazione rivolto al cittadino, costruito per il cittadino, volto a suscitare il suo interesse

Costruire la fiducia con la comunità
Una fiducia da instaurare che è fondamentale, perché l’Italia rimane un territorio fragile, esposto a molteplici rischi. Prendendo ad esempio l’area alluvionata, “se sottrai il territorio al fiume e lo bonifichi sotto il livello del mare, quel territorio tenderà a tornare nella posizione originale”. C’è sempre un rischio marginale che bisogno tenere in considerazione. E allora qual è la soluzione? Continuare a costruire o non costruire più niente? La domanda è complessa, la risposta ha bisogno di essere articolata: “Dobbiamo metterci d’accordo su cosa vogliamo”, sintetizza Curcio. Vogliamo il PIL, vogliamo utilizzare il territorio, ma vogliamo anche che sia sicuro, vogliamo che il corso d’acqua segua la sua naturale evoluzione. “Dobbiamo ragionare: cosa voglio fare in un territorio? Cosa sono disposto a perdere se il corso d’acqua si riprende il suo spazio?”. Dobbiamo imparare a convivere in un territorio fragile, evitando di peggiorare situazioni esistenti, avendo il coraggio di far rispettare i vincoli dove vengono posti. 

Diversa mobilità, diverse infrastrutture
Cambiano gli spazi, cambia il modo di abitarli e anche il modo di muoversi. A parlarne è Giuseppina Gualtieri, Presidente e Amministratore Delegato di Tper Spa. “La sfida della sostenibilità è ambientale e sociale”, spiega Gualtieri, e vale anche per settore trasporti. È una sfida di competitività delle aziende: “Il Comune di Bologna ha assunto l’impegno di raggiungere la neutralità climatica al 2030. Questo impegno deve tradursi in atti concreti”, tra cui il problema della riduzione delle auto private, delle emissioni e delle concessioni. La TPER ha una filiera lunga, una filiera che si trasformerà, perché “cambiare sistemi di mobilità (elettrico, idrogeno, biometano) significa anche avere impianti e infrastrutture, non solo mezzi. Significa anche avere capacità e competenze diverse rispetto al passato”. Questo influenza tutta la catena del lavoro dei fornitori. “I compartimenti nelle aziende non sono gli stessi di dieci anni fa, ma nemmeno di cinque anni fa, il mondo sta cambiando velocemente”. A rimanere centrale è la sostenibilità ambientale e sociale, anche di fronte a tematiche apparentemente scollegate. 

Rendere sostenibile un’azienda
Dal pubblico al privato, le ultime riflessioni sono state quelle di Marie-Charlotte Montaut, Sustainability Officer di IMA, una delle aziende più importanti nel packaging, con sede in Emilia-Romagna. Parlando di sostenibilità, Montaut specifica che ci sono tantissimi ambiti su cui bisogna intervenire. “Nel gruppo IMA gli ambiti sono quelli legati alla decarbonizzazione, alla circolarità e a tutti gli aspetti legati ai collaboratori. Stiamo cercando facendo da tempo di andare a rafforzare il sistema industriale in chiave di sostenibilità, tramite innovazione condivisa, crescita tecnologica e sinergie produttive nella nuova direzione della sostenibilità, non sostituendo ciò che è stato fatto fino ad adesso ma accompagnandolo nel supporto, andando ad assistere tecniche più tradizionali”. All’interno di questo progetto si inserisce anche un percorso formativo, l’idea di creare consapevolezza nei lavoratori su vari livelli su cosa sia la sostenibilità, su come possa essere raggiunta. 

Le conclusioni sono affidate allo stesso Fabrizio Curcio, che a margine dell’evento sottolinea quanto sia cruciale “il tema del rapporto pubblico-privato”. “Troppe volte questi due mondi hanno avuto degli sviluppi diversi, a volte proprio divergenti, ma l’obiettivo è collaborare a un fine comune”, un fine che è quello della salvezza di un territorio. 

Giovanni Peparello