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Studiare Venezia come paradigma dell'allagamento costiero

Partendo dall'Acqua Granda del 12 novembre 2019, un gruppo di ricercatori ha analizzato lo storico degli oltre centocinquant'anni di dati raccolti sulla città per arrivare a risultati che possono essere paradigmatici

La sera del 12 novembre 2019 Venezia fu colpita da una mareggiata eccezionale, un’Acqua Granda talmente sproporzionata e imprevista da destare l’attenzione di un gruppo di ricercatori, che sono partiti dall’analisi di ciò che avvenne quel 12 novembre per compararlo con l’insieme eccezionale degli oltre centocinquant’anni di dati raccolti sulle mareggiate della città lagunare. E il loro studio, Venice as a paradigm of coastal flooding under multiple compound drivers, apparso su Scientific Reports, potrà essere utile per capire e affrontare l’allagamento costiero non solo a Venezia, ma in tutto il mondo. Ne abbiamo parlato con Christian Ferrarin, dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche, uno degli autori dello studio.

Un evento complesso e imprevisto
“L’evento del 12 novembre 2019 ha un po’ sorpreso tutti a Venezia” - racconta Christian Ferrarin - “perché non era stato previsto nemmeno dai modelli previsionali che analizzano il rischio di allagamento della città. Questo è dovuto al fatto che l’evento ha avuto delle caratteristiche peculiari”. I ricercatori hanno iniziato ad analizzarne le caratteristiche immediatamente, utilizzando modelli che raccolgono tutti i dati disponibili sulla città. “E in base alle nostre analisi avevamo evidenziato che questo evento, eccezionale rispetto ad altri che sono avvenuti in passato, soprattutto per quanto riguarda il livello del mare raggiunto, aveva avuto una combinazione di fenomeni diversi, di per sé non eccezionali, la cui somma però aveva portato all’allagamento eccezionale. C’era stata un po’ di mareggiata nell’Adriatico - e in Centro Adriatico c’era anche un fenomeno di scirocco che solitamente porta a valori di livello del mare alti in Nord Adriatico. C’è stato inoltre un livello del mare medio più alto per tutto il mese di novembre, in modo anomalo. Poi c’è stato un fenomeno locale molto intenso e particolare, un ciclone che si è mosso in piccola scala e che ha coinvolto una parte della costa del Nord Adriatico, propagandosi verso la laguna di Venezia. Questo ha portato anche ad avere ciò che viene chiamato meteotsunami - un’onda anomala generata da una perturbazione di vento. E questo ha portato anche ad avere un vento forte nella laguna, che ha creato danni alle infrastrutture e un’onda di marea. L’insieme di questi fenomeni insomma ci ha sorpreso, ma ha anche stimolato l’analisi. E ci ha portato ad analizzare la serie storica di dati di Venezia, che è una delle serie più lunghe del Mediterraneo, dato che sono più di 150 anni di dati sul livello del mare, per andare a capire la frequenza di eventi analoghi. Perché, andando avanti con l’innalzamento del livello del mare, può essere che anche eventi non eccezionali di mareggiata portino all’allagamento della città. E questo è stato il punto di partenza di questa analisi”. 

E il vostro studio, attraverso queste analisi, vi ha portato a evidenziare una tendenza all’aumento dell’intensità e della frequenza degli eventi di allagamento. A cosa è dovuta questa evoluzione?
“L’evoluzione di frequenza e intensità degli allagamenti di Venezia è dovuta principalmente a due cause, che hanno portato alla variazione del livello del mare relativo della città. La prima causa è principalmente l’aumento del livello del mare stesso. Ma questo aumento di intensità e frequenza è dovuto anche alla subsidenza - cioè la diminuzione della quota della città rispetto al livello del mare”. Spieghiamoci meglio: “Venezia come altre zone costiere ha un substrato alluvionale che nel tempo si compatta e abbassa il livello della città. E a Venezia questo processo è dovuto in parte anche all’azione dell’uomo, con l’estrazione di gas e di acqua potabile che ha fatto sì che ci fosse un’ulteriore diminuzione della quota della città”. Tornando all’aumento della frequenza e dell’intensità degli allagamenti della città, abbiamo quindi “Da una parte il mare che sale, dall’altra la quota della città che scende: e questo comporta dunque un sempre maggiore rischio di allagamento della città. Questo è stato riportato da molti studi, perché avendo a disposizione una lunga serie temporale ha permesso di capire l’evoluzione del fenomeno. A parte questo c’è stato poi un aumento dei livelli estremi del mare dovuti non alla marea ma a tutto quello che è residuo, quindi a quei fenomeni di mareggiata che portano a un innalzamento locale del livello del mare. E questo innalzamento è stato evidenziato negli ultimi trent’anni”.

Il legame tra l’evento eccezionale e la tendenza degli ultimi trent’anni
Le cause per cui tutto ciò sta avvenendo non sono ben chiare, “Ma dai dati” - prosegue Ferrarin - “abbiamo evidenziato che negli ultimi trent’anni c’è stato un aumento progressivo dell’intensità e/o della frequenza degli eventi estremi, data non solo dall’innalzamento del livello del mare. Le cause possono essere dovute a fenomeni atmosferici su una scala temporale e spaziale diversa. Ci possono essere fenomeni di mareggiata che hanno una scala temporale in un intorno di qualche giorno, ma ci possono essere anche fenomeni che portano a un aumento del livello medio su una scala che può essere mensile, fino a una variabilità annuale o stagionale. Quindi sono fenomeni diversi, ma non è chiaro qual è il quello che ha portato esattamente a questo aumento, anche se probabilmente è una combinazione di fenomeni atmosferici che ha portato a questa dinamica”.

Tornando all’Acqua Granda del 12 novembre 2019, “Un evento del genere è difficilmente prevedibile, almeno per la componente più intensa del fenomeno, cioè nella fattispecie questo ciclone che ha interessato la costa del Nord Adriatico e la laguna di Venezia. Le altre componenti, legate a scale temporali spaziali un po’ più grandi di solito sono prevedibili. La cosa da fare, che potrebbe essere un ulteriore sviluppo di questo studio, sarà capire, in una prospettiva di cambiamento climatico, come le diverse componenti dei fenomeni atmosferici evolveranno nel prossimo futuro. Sarà difficile, perché i modelli climatici difficilmente riescono a prevedere bene i fenomeni molto intensi. Però c’è del lavoro scientifico in corso per andare a cercare di capire come poi evolveranno in futuro. Il problema è che andando avanti nel tempo con l’innalzamento del livello medio del mare, fenomeni anche non intensi portano a un allagamento della zona costiera che è stato riscontrato non solo a Venezia ma in tantissime località costiere del mondo. Per questo motivo è importante fare attenzione anche a fenomeni non così intensi, perché avranno comunque un impatto lungo le coste”.

Venezia come paradigma dell’allagamento costiero
“Il nostro studio evidenzia quanto la combinazione di diversi fenomeni portino a un rischio di allagamento costiero. E finora non era stato ben compreso quale fosse l’effetto combinato di più fenomeni, perché solitamente quando si parla di allagamento costiero viene identificata la mareggiata con significato generico, senza discernere quali possono i fenomeni atmosferici che avranno un impatto lungo la costa. Per questo motivo, anche se hanno un’evoluzione diversa, è importante capire come sono connessi questi i diversi fenomeni in un’ottica di cambiamento climatico. E Venezia si presta bene perché ha molti dati e una lunga serie temporale, che ci permette di calcolare fenomeni diversi. Ma la situazione è simile in moltissime altre località costiere, non solo in Mediterraneo”.

Il futuro della gestione del rischio
Immaginando che anche questi fenomeni intensi possa venire previsti, cosa si potrà fare per prevenzione e gestione del rischio? “Io mi occupo anche di sistemi di previsione” - spiega Ferrarin - “e a Venezia il nostro istituto lavora anche con gli enti locali per migliorare la previsione dei fenomeni di allagamento tramite modelli numerici. E sicuramente riuscire a migliorare quei sistemi di previsione per i fenomeni consente di ridurre l’impatto. Rimane difficile capire come difendere la costa. Sono coinvolto in alcuni progetti che riguardano il rischio costiero e l’evoluzione del rischio costiero nell’ambito del cambiamento climatico, e posso dire che le difficoltà sono diverse a seconda della zona. Perché la pericolosità di può essere simile in diverse località, ma la vulnerabilità del territorio stesso cambia a seconda delle caratteristiche locali. L’esperienza della nostra costa ci pone già adesso questioni su come dobbiamo affrontare fenomeni di allagamento costiero. Probabilmente, nella mia opinione, una se non l’unica possibilità che avremo sarà rilocare alcune infrastrutture che abbiamo sulla costa, perché nei prossimi anni sarà difficile gestire eventi ricorrenti di allagamento. Venezia ha adottato un sistema di difesa, le barriere mobili di bocche di porto che permette di proteggere la laguna in caso di eventi estremi, il Mose, ma questa metodologia non può essere applicata in tutte le coste del Mediterraneo, che è molto antropizzata ovunque. Ci sono altri sistemi di difesa, anche più naturali, come la costruzione di dune, dove è possibile, per cercare di limitare l’impatto, ma verosimilmente l’unica cosa che dovremo fare sarà rilocare le infrastrutture”. 

Giovanni Peparello