Fonte Sportello Vanessa Rosignano

Volontari contro la violenza sulle donne, l'esempio dello Sportello Vanessa

Il progetto di Anpas Toscana è nato nel 2018 e ad oggi conta 16 sportelli in cui operano 200 volontarie. Il presidente Mancini ha fatto riferimento a questo modello come base da cui far nascere una rete nazionale di volontariato in difesa delle donne

Dopo l'appello del presidente Anpas, Niccolò Mancini, affinchè anche il mondo del volontariato si prenda carico della questione della violenza contro le donne e aver annunciato di essere al lavoro su un progetto nazionale ad hoc sul tema che partirà il prossimo anno, abbiamo contattato chi nell'Anpas già lavora a uno sportello aperto alle donne che subiscono violenza.


Il progetto, citato anche da Mancini, si chiama Sportello Vanessa e è stato attivato dal comitato regionale toscano Anpas nel 2018. Si tratta di uno sportello a libero accesso di primo ascolto per le donne che subiscono violenza. L'esperienza è nata grazie alla collaborazione con l'associazione Lilith Centro Aiuto Donna di Empoli che è attiva da 20 anni sul territorio su questa tematica. Da qui Anpas ha iniziato ad aprire alcuni centri, il primo nato è quello della Fratellanza Popolare di Firenze Peretola, a oggi in totale gli sportelli sono 16 in tutta la Regione. Dentro la rete toscana Anpas operano 200 volontari che hanno seguito un corso di formazione di 32 ore fatto dalle psicologhe del centro antiviolenza Lilith. Qui le volontarie sono tutte donne, come stabilito da una legge regionale. Il numero di accessi è variabile, ci sono zone con pochi accessi e altre con un numero più alto. All'anno in Toscana si rivolgono allo sportello circa 40 persone. Non c'è un identikit delle donne che chiedono aiuto allo sportello, sono donne di tutti i tipi, età, provenienza e ceto. A questo modello toscano il presidente nazionale Anpas ha fatto riferimento per dare vita a un progetto di nuovi centri di ascolto in tutta Italia che dovrebbe partire con la fine dell'anno. La nuova referente delle politiche sociali di Anpas Toscana, Marida Bolognesi, sostiene il piano nazionale lanciato da Mancini.

Abbiamo quindi intervistato Chiara Bianchi, volontaria e referente dello sportello Vanessa a Rosignano (LI), vicepresidente di Anpas Rosignano e consigliera nazionale Anpas. 

Quando è nato lo sportello Vanessa a Rosignano e perché?
Il progetto è partito un anno fa a giugno ed è nato perché capitava sempre più spesso che di ritorno da operazioni in ambulanza che venivano mandate su casi di maltrattamento alle donne che i nostri volontari mi chiedessero di poter aiutare queste donne in qualche modo. In un caso ricordo che capitò che la donna che subì violenza dal compagno fu convinta dal fratello a non denunciare nella speranza che l'uomo si sarebbe calmato. Da qui l'idea di partecipare ai corsi di formazione del Centro Antiviolenza Lilith di Empoli e aprire uno sportello anche a Rosignano.

Quante persone lavoravano allo sportello?
Siamo partiti in sette tra i quali ci sono anche un avvocato e una psicologa. Abbiamo fatto tutti il corso di formazione per operatrice dello sportello di ascolto. Tutto attorno c'è una rete molto importante di relazioni che va dalle Asl, alle forze dell'ordine, i medici di famiglia, i pediatri e questo ci ha aiutato tantissimo. Da poco si sono formate altre 23 volontarie che hanno iniziato a dar servizio volontario.

Che cosa vi chiedono e cosa offrite?
Alla donna che viene da noi possiamo offrire sia consulenza psicologica, che quella legale. Inoltre grazie alla partecipazione al progetto di un'ex direttrice di banca abbiamo anche la possibilità di offrire una consulenza finanziaria. Sono tante infatti le donne che purtroppo sono dipendenti economicamente dal marito, o che non sanno come gestire un conto in banca o alla posta. 

Quante donne avete accolto allo sportello in un anno?
Abbiamo avuto in tutto undici richieste di aiuto. Alcune erano delle semplici richieste di consulenze, altre avevano bisogno di essere ascoltate perchè anche in casa tante volte non hanno la possibilità. Di questi 10 casi una donna ha fatto denuncia, un'altra è andata via di casa e ha un'udienza a novembre. 

Il passaggio successivo al sostegno psicologico, legale ed economico qual é?
Se le donne decidono di uscire di casa e di denunciare noi facciamo rete con le Asl e quindi i servizi sociali che si prendono carico di portarle in una casa di emergenza e di darle una sistemazione. All'atto della denuncia, se lo desiderano, vengono accompagnate dal nostro legale. Ma noi non spingiamo per una scelta piuttosto che un'altra.

Chi sono queste 11 donne che si sono rivolte allo sportello?
Di queste la maggior parte sono italiane e appartengono ad un ceto medio. Come età ci sono donne dai 30 ai 55 anni. 

Avete nuovi progetti per il futuro?
Si sta per concludere un altro passo importantissimo, perché la società Solvay ci ha dato in comodato d'uso una casa e stiamo lavorando per aprire una casa di emergenza per donne maltrattate, un primo luogo che può ospitare un massimo di 4 persone nella prima fase di allontanamento da casa delle donne maltrattate. Qui le donne possono rimanere dai 15 ai 30 giorni prima che le venga assegnata una sistemazione definitiva. Al momento non possiamo ancora aprire una casa rifugio perché bisogna avere vari requisiti, come i tre anni di esperienza nel campo dello sportello, che al momento ancora non abbiamo. Speriamo che la casa di emergenza apra prima della fine dell'anno. Ovviamente l'inaugurazione sarà in differita perché nessuno deve sapere dove si trova esattamente la casa, lo sanno solo le volontarie addette allo sportello. 

Che tipo di formazione avete ricevuto per poter offrire il vostro tempo su questo progetto?
Come detto i nostri volontari hanno fatto formazione al centro antiviolenza Lilith di Empoli, una realtà nata 20 anni fa. Quando hanno deciso di dar vita al progetto hanno organizzato un corso che dà una preparazione sull'accoglienza alle donne, dà delle basi legali sul tema e le buone pratiche per accogliere una donna che si rivolge allo sportello.

Sono giorni in cui la cronaca riporta vari casi di maltrattamento ai danni di donne anche minorenni, voi avete notato un aumento dei casi di violenza? E se sì quando?
Prima ancora che nascesse lo sportello, offrendo servizio sulle ambulanze, ci siamo accorti che durante il covid i casi di violenza sulle donne erano molti di più, è stato proprio questo momento che ci ha spinto a attivare lo sportello. Durante il covid le donne erano obbligate a una convivenza in casa con il partner e gli attriti erano più evidenti.

Cosa bisogna fare per entrare in contatto con il vostro sportello?
Abbiamo una mail sportelloprogettovanessa@gmail.com, una pagina Facebook, un telefono 0586792361  e una segreteria attiva h24 che permette di ascoltare in tempo reale i messaggi che arrivano sul cellulare. Poi quando verrà aperta ci sarà una nuova reperibilità per la casa di emergenza. 

Come avete accolto le parole del presidente Anpas con le quali ha richiesto un impegno maggiore del volontariato sul tema della violenza sulle donne?
Sono anni che anche da membro della commissione Pari Opportunità del Consiglio Nazionale Anpas ci stiamo lavorando anche noi affinchè il movimento cambi, semplicemente dal punto di vista lessicale per arrivare ad allargare gli orizzonti. In questo movimento sono aumentate oggi le donne nel Consiglio Nazionale e quindi si va in direzione di un'apertura. Si va piano verso questo cambiamento ma i cambiamenti ci sono stati. Il progetto di allargare il modello dello sportello Vanessa a tutta Italia è ambizioso ma si può fare e vorremmo raggiungere questo obiettivo. Per far sì che questo progetto attecchisca dipende soprattutto dalla rete che si riesce a creare sui territori con le altre realtà impegnate sul tema perché non basta aprire uno sportello per farlo funzionare, servono i contatti con le Asl, con i medici, gli assistenti sociali. 

E perché è giusto secondo lei che il volontariato si occupi di questo tema, della violenza di genere?
Che il volontariato si occupi di questo tema è dovuto al fatto che in primo luogo noi siamo nelle case dei cittadini tutti i giorni perché ci si entra o come sociale o come sanitari per le emergenze e siamo a contatto col territorio, in secondo luogo perché il volontario ha un valore aggiunto che è quello della volontà che ci mette, dell'empatia, del dedicarsi all'altro che secondo me non è pari a nessun dipendente e nessun professionista. C'è anche un altro discorso: il volontario riesce a mettersi al pari con l'altra persona, a calarsi nella realtà cosa che è più difficile per il professionista. E poi anche per la donna stessa avvicinarsi all'Asl o a un avvocato è più difficile piuttosto che avvicinarsi ad un'associazione dove c'è gente come te e ti approcci a uno sportello gratuito dove son tutti volontari: è un confrontarsi alla pari. 

Perché fare la volontaria allo sportello Vanessa è un'esperienza importante? Cosa direbbe a una giovane volontaria che vorrebbe avvicinarsi a questa realtà?
Ci sono molte volontarie che si sono interessate al corso per lavorare al progetto perché è un tema tristemente molto presente. A una ragazza giovane direi che prima di averne bisogno cerchiamo di capire che cos'è questo fenomeno e aiutiamo chi ne ha necessità ora. Poi nella nostra zona siamo sensibili a questo tema perché diversi anni fa ci fu un caso di cronaca di femminicidio a Livorno che ha segnato la nostra storia e il nostro territorio. Quindi a una ragazza giovane le direi “prima che capiti come a Francesca cerchiamo di capire quali sono gli allarmi e aiutare chi oggi è già effettivamente in situazione di emergenza”. 

La lezione che ha imparato lei in questo anni di esperienza sul campo?
Che ce ne è tanto bisogno, più di quanto ci sembra. Quello che si vede è veramente la punta dell'iceberg ma sotto c'è un mondo sommerso che purtroppo rimarrà sommerso e questa è la cosa che mi fa più male: pensare a una donna sottomessa che non riesce ad uscire da questa situazione. La cosa brutta è quando vengono e poi magari non le rivedi più e stai con l'ansia che tutto vada bene. 

Cos è la prima cosa che vi chiedono queste donne?
La prima in assoluto è di non denunciare, la prima necessità è quella di potersi sfogare e poi di confrontarsi in modo più oggettivo.

Claudia Balbi