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Underground Climate Change: il primo studio sugli effetti della crisi climatica sulle grotte

Un progetto speleologico nazionale di Citizen Science, partito alla fine del 2023, propone, per la prima volta al mondo, il monitoraggio e lo studio degli effetti del cambiamento climatico nel mondo sotterraneo delle grotte italiane

Oggi esistono numerosi studi su come il cambiamento climatico stia agendo sui ghiacciai, sul mare e sugli oceani ma c'è un grande assente. Manca uno studio sulle conseguenze che la crisi climatica ha nel mondo sotterraneo, quello delle grotte. Ora un collettivo italiano di scienziati che sta dietro la sigla UCC, "Underground Climate Change", ha lanciato un progetto speleologico nazionale che propone, per la prima volta al mondo, il monitoraggio e lo studio degli effetti del cambiamento climatico nel mondo sotterraneo. Le grotte che inizieranno ad essere monitorate da UCC sono la grotta di Monte Cucco in Umbria, l'abisso Pozzo della Neve in Molise, che sono due grotte nelle quali son state già prese temperature in passato, e infine l’antro del Corchia nelle Alpi Apuane.I dati del loro monitoraggio saranno i primi ottenuti con il nuovo metodo condiviso e saranno fruibili da tutti. 

Abbiamo chiesto a Tullio Bernabei, speleologo e divulgatore, uno dei tre coordinatori del progetto, di parlarci degli obiettivi e dei possibili risvolti futuri a cui questa ricerca potrebbe portare.  

Che cosè il progetto UCC e quando è partito?
Il progetto UCC, cioè Underground Climate Change, ha un titolo in inglese perché il discorso del cambiamento climatico è globale, anche se noi andremo a studiarlo attraverso il monitoraggio delle grotte in Italia. Il progetto è iniziato alla fine del 2023 dietro l'esigenza mia e di altri speleologi molto esperti, che fanno da anni esplorazione nelle grotte non solo italiane ma di tutto il mondo, di dare un contributo all'interpretazione delle conseguenze del cambio climatico in atto e del successivo adattamento dell'uomo ad esso. Perché sul fatto che il cambio climatico sia in atto e sia irreversibile, almeno nei prossimi decenni, è indubbio: ce lo dicono i ghiacciai la cui scomparsa in volume è considerata irreversibile per i prossimi venti o trenta anni. L'idea è tornare nelle grotte di cui abbiamo dati dal 1960 anche se sono spot e vedere che cosa sta succedendo oggi. 

Fino ad oggi ci sono altri studi sugli effetti della crisi climatica negli ambienti sotterranei?
No, è in corso uno studio internazionale sugli effetti del cambio climatico sui pipistrelli, c'è poi uno studio in Francia sulla grotta di Villars nella regione della Dordogna, di Dominique Genty dell'università di Bordeaux, che ha rilevato con il suo monitoraggio l’aumento di 1 grado della temperatura interna in 30 anni. Lo studioso ha ricostruito le temperature degli ultimi 500.000 anni e mai era avvenuto un riscaldamento cosi rapido. Il problema è che gli strumenti di misurazione nelle grotte non sono mai stati precisi in passato e quindi è molto difficile confrontarli con i dati del presente. Nelle grotte inoltre, abbiamo un'inerzia rispetto al riscaldamento che arriva dalla superficie attraverso la massa rocciosa, che ritarda i riscaldamenti sotterranei in termini di decenni e di secoli. Però ci sono altre componenti, ad esempio, l'aria le percorre, l'acqua le percorre e gira velocemente. Quindi è un sistema estremamente complesso, siamo certi che c'è un riscaldamento nelle grotte, però i tempi con cui questo si propaga sotto terra sono molto complessi da interpretare. L'unico modo per farlo sono i monitoraggi estremamente sofisticati, precisi, al centesimo di grado, che sono iniziati soltanto quindici anni fa.

Che strumenti si utilizzano?
Sono termometri molto precisi che misurano l'aria, l'acqua e la roccia attraverso dei carotaggi. In Italia ad oggi abbiamo solo tre siti che li stanno utilizzando da una quindicina d'anni. Il primo e più importante è la grotta di Bossea in Piemonte che fa questo tipo di studi. Qui in particolare c'è il professore Bartolomeo Vigna, che è un idrogeologo ed è la persona che più studia e fa monitoraggi in Italia ed è all'inizio della sua attività, lo fa da quindici anni, però dal punto di vista dell'interpretazione sono pochi. 

Attualmente di cosa si sta occupando il progetto?
Adesso stiamo recuperando i dati storici, facendo ricerche su pubblicazioni, tutto quello che si riesce a sapere dagli speleologi sui collettivi, nei gruppi, nelle biblioteche, per poterci mettere a tavolino e vedere che dati abbiamo. Poi, a parte il fatto che son stati rilevati con strumenti diversi, questi dati ci daranno un'indicazione, un trend sul quale applicheremo i monitoraggi più attuali che sono quelli degli ultimi quindici anni. Inoltre il progetto prevede di monitorare molte più grotte a differenti quote, in differenti ambienti esterni. Al momento sono tre quelle monitorate e vorremmo che fossero dieci divise su tutto il territorio. E vorremmo che le misurazioni venissero fatte secondo un protocollo, che al momento non esiste e che il comitato scientifico di UCC dovrà stabilire. Un protocollo di raccolta dati che poi possa valere per tutti in Italia e che poi sarà esportato in tutto il mondo. Perchè nessun altro al mondo sta facendo quello che facciamo noi, in questi termini siamo i primi. I primi a fare un lavoro nazionale, una sorta di catasto delle temperature in grotta. 

Come mai siamo così avanti nel campo della speleologia?
In generale la speleologia italiana è avanti rispetto a quella di altri Paesi, in particolare in Italia ha operato come speleologo e climatologo un fisico molto importante, Giovanni Badino, scomparso nel 2017, che ha dato un'accelerazione al movimento italiano. E adesso noi stiamo seguendo le sue intuizioni come collettivo che si chiama appunto UCC. I coordinatori siamo io (Tullio Bernabei ndr.), che sono speleologo e divulgatore, il professore di geologia all'università di Firenze Leonardo Piccini, responsabile del comitato scientifico e Antonio De Vivo, speleologo. Stiamo inoltre componendo ora un albo regionale per cui per ogni Regione italiana ci sarà un referente che dovrà fare in modo che i dati vengano raccolti dagli altri. Attualmente abbiamo una trentina di persone che collaborano attivamente che stanno raccogliendo i dati a partire dai primi del Novecento.

I dati saranno fruibili a tutti?
Sì, i dati saranno open source, attraverso un sito che creeremo apposta. Tutto verrà autofinanziato. Ci sottriaiamo appositamente a far parte di sigle perché il nostro è un progetto di Citizen Science che parte dal basso. 

Perché le grotte sono un ambiente così importante per capire quali sono gli effetti della crisi climatica?
Perché nelle grotte è custodita l'acqua. I dati pubblicati dalla FAO dicono che entro un decennio l'80% delle acque potabili del pianeta Terra proverrà dagli ambienti carsici e dalle grotte. Stiamo parlando quindi di un sistema molto fragile, sul quale non sappiamo che effetti avrà il cambio di temperatura. E poi c'è tutto un'ecosistema che vive nelle grotte, animali, specie sconosciute, tutto cambierà in funzione dell'aumento delle temperature e riteniamo che dobbiamo preoccuparci di saperlo al più presto possibile. 

Quali sono le attese di fronte a questo studio?
Le attese sono di scoprire tendenze che possano essere utili all'adattamento. In realtà sotto sotto c'è anche la possibilità che le grotte per la loro inerzia possano diventare ambienti idonei nei prossimi decenni, proprio perché rimarranno più fredde rispetto agli ambienti in superficie, alla conservazione di alimenti ad esempio. Si potrebbe iniziare a vedere lo spazio sotterraneo come un luogo più accessibile rispetto a situazioni critiche in superficie, e magari si potrà utilizzarlo di più. Un po' come un ritorno all'antico, noi abbiamo iniziato a vivere nelle grotte. Ora sono ambienti in cui poter, non dico tornare a vivere, ma da conservare e da conoscere meglio. 

Che ruolo avranno il Club Alpino Italiano e la Società Speleologica Italiana nel progetto?
Sono enti che studiano e alimentano lo studio e la frequentazione delle grotte e sono partner istituzionali che ci accompagnano nell'iter dello studio. L'Agenzia Italia Meteo e la Società meteorologica Italiana invece ci forniranno i dati esterni per correlarli a quelli interni, quindi per esempio la piovosità esterna. Ci serve per sapere tutto quello che accade in superficie. Sono partner tecnici. 

Chi volesse partecipare al progetto UCC può scrivere una mail ai coordinatori del lavoro: Tullio Bernabei (info@tulliobernabei.it); Antonio De Vivo (tonodevivo@gmail.com) e Leonardo Piccini (leonardo.piccini@unifi.it)

Claudia Balbi