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UNDRR, il bilancio invisibile dei disastri

I dati numerici rappresentano solo una parte delle perdite che si registrano dopo una catastrofe, restano nascosti i costi sociali, sanitari ed economici a lungo termine

I disastri portano danni in termini di vite umane, infrastrutture e abitazioni e le cifre annuali sono sconvolgenti. L’Undrr, Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio catastrofi, ha stimato che nel 2022 le perdite globali a causa di disastri sono state pari a circa 120 miliardi di dollari. I dati numerici rappresentano, però, solo una parte delle perdite che si registrano in una catastrofe, perché vi è sottesa una moltitudine di altri fattori che comportano altri costi sociali ed economici, soprattutto nel lungo termine. È quanto emerge dallo studio “Bilancio dei disastri invisibili”dell’Undrr che analizza gli impatti dei disastri che non vengono calcolati dalle unità Post Disaster Needs Assessment, ma che incidono fortemente sul tessuto di un territorio colpito da un evento. 

Il caso Pakistan
Questo dato appare ancora più netto nella diversa quantificazione dei danni su paesi ricchi e su quelli poveri. I primi subiscono maggior impatto finanziario in dollari rispetto a paesi poveri, ma riescono a sostenere la ripresa avendo maggior disponibilità economiche e coperture assicurative, i paesi poveri sostengono una perdita relativa molto più elevata, che influisce in maniera maggiore sul PIL. Nel computo dei danni questo viene spesso ignorato. Ad esempio, una stima in prospettiva 2030 sulle conseguenze dell’inondazione del Pakistan dell’estate scorsa prospetta una situazione di 9 milioni di nuovi poveri, 7,6 milioni di persone nell’insicurezza alimentare, 17 milioni di donne e bambini a maggior rischio di malattie prevenibili, 4,3 milioni di persone con perdita o interruzione del rapporto lavorativo. Numeri impressionanti riferiti a una sola grande emergenza, seppure dalle dimensioni epocali. 

La crisi climatica
Nel mondo però non sono solo le grandi emergenza a portare effetti negativi. Basti pensare che il 99,7% degli eventi disastrosi tra il 1990 e il 2013 sono stati di piccole dimensioni con meno di 30 morti e meno di 5.000 abitazioni distrutte e, seppur non rilevanti dal punto di vista degli impatti nazionali e internazionali, comportano costanti perdite locali. Tra i fenomeni “invisibili” anche il cambiamento climatico gioca un ruolo importante. La siccità negli anni dal 1970 al 2019 ha rappresentato il 15% dei disastri naturali con perdite globali pari a circa 124 milioni di dollari negli ultimi venti anni.

Produttività in calo
Come detto, però, l’evento non ha ripercussioni solo su vittime e strutture, ma incide in modo importante sull’economia reale, sulle catene di approvvigionamento, sulla produttività. Le ondate di calore in Asia Meridionale del 2022, che hanno devastato i raccolti di grano in India e hanno portato il governo indiano ad imporre il blocco delle esportazioni, hanno provocato sconvolgimenti in tutta l’economia globale per la mancanza di questo importante prodotto, ma hanno creato anche un calo della produttività del 22% nei paesi colpiti dal gran caldo. Allo stesso modo la guerra tra Russia e Ucraina ha disequilibrato gli approvvigionamenti globali di grano e materie prime energetiche. 

Danni alla sanità
Tra i danni a lungo termine non quantificabili ci sono gli impatti sulle popolazioni colpite da calamità sulla salute, sia fisica che mentale, e sulla crescita sociale. Possono verificarsi limitazioni all’accesso all’assistenza sanitaria, diffusione di malattie, epatiti a causa di inondazioni, ma anche aumento di animali portatori di malattie, quali zanzare o roditori. Dal punto di vista psicologico, la popolazione colpita da un disastro diventa particolarmente vulnerabile, soprattutto se appartenente a comunità povere o emarginate. Dopo le inondazioni in Australia, ad esempio, le persone con disabilità o con sostegno al reddito, le comunità aborigene, i gruppi LGBTIQ+ hanno registrato una maggiore probabilità di essere evacuate e sfollate per lunghi periodi, con conseguenti peggiori problemi mentali e più alti livelli di disturbo da stress post traumatico (PTSD). Ansia e depressioni che sono state rilevate durante la pandemia da Covid-19 e, nei più giovani, anche per l’incertezza legata alle mutazioni climatiche globali. Conseguenze ai disastri sono state riportate anche nel rapporto globale 2022 sugli sfollati interni. Nell’anno appena trascorso ci sono stati 60 milioni di sfollati, di cui oltre 25 milioni di età inferiore ai 18 anni, con risultati negativi sull’istruzione e la capacità di apprendimento dei ragazzi. La crisi climatica, ugualmente, sta compromettendo l’istruzione di 40 milioni di bambini ogni anno. 

Mappare i danni nascosti
L’Undrr sta lavorando con il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite e con l’Organizzazione meteorologica mondiale per aumentare la capacità di raccolta di dati migliori che riesca a conteggiare i danni derivanti da eventi pericolosi, perché solo tenendo conto dei veri costi dei disastri si può pianificare per ridurre i rischi e migliorare la resilienza.

Fabio Ferrante